Botswana Zimbabwe 2019
Delta dell'Okavango e cascate Vittoria
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Il delta del fiume Okavango e le cascate Vittoria
Sono passati quasi 5 anni dal mio meraviglioso viaggio in Namibia, la mia prima volta nell'Africa Australe, un sogno che si trasformò in realtà.
È da allora che voglio tornare in Africa Australe ma questa volta lo voglio fare in un modo più "wild". Non voglio recinti intorno a me quando dormirò nei parchi, voglio essere il più possibile a contatto con la natura e il viaggio "Okavango Botswana" (clicca) di Avventure Nel Mondo (clicca) mi offre questa splendida opportunità.
Quello che desidero di più è visitare uno dei luoghi più incredibili del pianeta: il delta del fiume Okavango che è l'unico fiume che, invece di sfociare nel mare, si asciuga nella grande savana nel Botswana al confine con la Namibia.
il periodo migliore è sicuramente a fine aprile in quanto è appena terminata la stagione delle piogge, il bush è verde e c'è molta acqua. Vero, gli animali saranno probabilmente più dispersi vista la grande quantità d'acqua, ma lo spettacolo del delta che si sta asciugando deve essere incredibile.
Rispetto ad altri paesi africani in cui si va per i safari il Botswana colpisce per la varietà di paesaggi, che soprattutto in prossimità del delta dell’Okavango sono ben diversi dalla savana di Tanzania e Kenya; sicuramente non si avvistano le mandrie gigantesche di gnu e zebre che si possono vedere altrove, ma gli animali si vedono da vicinissimo: gli incontri più emozionanti sono con leoni, altri felini, elefanti, bufali e giraffe.
Le Cascate Vittoria e il volo sul delta dell’Okavango inoltre sono due gemme a inizio e a fine viaggio, che lo rendono un viaggio breve ma veramente ricco e intenso.
Ecco di seguito il diario di viaggio.
- 21/04
Il piano voli non è male nonostante il viaggio si sia chiuso pochi giorni prima della partenza. In quattro partiamo da Linate, in due da Venezia, una persona da Genova e due da Roma. Ci ritroviamo quasi tutti a Fiumicino con dei voli Alitalia tutto sommato ben programmati. Abbiamo quasi tutti tre ore di scalo prima di decollare per Johannesburg. Dei due partecipanti di Roma solo uno parte con noi, l’altro parte prima e fa scalo al Cairo prima di arrivare a Johannesburg. Il periodo è congeniale per le partenze. Pasqua cade molto lunga e con soli cinque giorni di assenza dal lavoro si possono fare 12 giorni di vacanza. Il fatto di avere ben tre ore di scalo a Roma ci fa ben sperare per il bagaglio che però dovremo recuperare a Johannesburg e reimbarcare per Maun. Voliamo di notte per cui atterriamo a Johannesburg la mattina del 22.
- 22/04
Le procedure di ritiro bagagli a Johannesburg sono molto veloci e in breve siamo al check-in della South African per reimbarcare i nostri bagagli. Avendo il cibo portato dall’Italia il bagaglio in stiva supera per molti di noi i 20Kg. Nessun problema per la tratta fino a Johannesburg e, sinceramente, non credevo lo fosse anche per la tratta fino a Maun. Controllando i siti sia di Alitalia che di South African mi ero accertato che le franchigie bagagli fossero di 23Kg per il bagaglio in stiva e di 8Kg per il bagaglio a mano su tutte le tratte. Purtroppo l’amara sorpresa è stata quando ci hanno consegnato i biglietti a Roma e abbiamo visto che, non so per quale motivo, la tratta Johannesburg - Maun aveva una franchigia di soli 20Kg per il bagaglio in stiva.
Fortunatamente non sforavamo di troppo i 20Kg per cui ci è andata bene, tranne ad un partecipante che ha dovuto pagare un supplemento per il peso, fortunatamente il supplemento era di circa 5€ a fronte di uno sforamento di 4Kg. Il mio problema era il bagaglio a mano; sto andando in Botswana a vedere uno degli spettacoli della natura più belli che ci siano, vuoi non portarti l’artiglieria pesante per portare a casa degli scatti stupendi? Di fatto il mio bagaglio pesava ben oltre i 12Kg a fronte di una franchigia di 8. In Alitalia non mi hanno nemmeno controllato, alla South African invece controllano tutto. La ragazza al chek-in, guardando il contenuto del mio bagaglio ha capito e mi ha fatto passare ugualmente dicendomi che forse mi avrebbero controllato il peso al security check, cosa che fortunatamente non è avvenuta. Riusciamo quindi ad imbarcare tutto ed atterriamo al piccolo aeroporto di Maun in anticipo di circa 10 minuti rispetto all’orario schedulato. Facciamo il giro al contrario rispetto a quanto riportato sul redazionale online. Partiamo da Maun e finiamo a Victoria Falls. Non ci sono visti da presentare al controllo passaporti di Maun. Si deve solo compilare un foglietto con i propri dati, consegnarlo insieme al passaporto e nel giro di pochi minuti siamo fuori. Prima però di uscire ci chiedono se dentro ai nostri bagagli ci sono carne cruda e frutta fresca. Non è il nostro caso per cui passiamo senza problemi. Ad aspettarci con il classico cartoncino col mio nome c’è la nostra guida: Mr. KB; un ragazzo di 38 anni che ho insistentemente richiesto alla corrispondente in quanto in tutte le relazioni era scritto che KB era il valore aggiunto del viaggio. Beh, confermo in toto quanto scritto dai coordinatori che han fatto questo viaggio prima di me e che hanno anche loro avuto la fortuna di avere KB come guida. Il suo vero nome è Keobakile Dingalo ma tutti, anche i locali, lo conoscono come KB. Insieme a KB c’è anche il secondo driver: Mr. Kenny. KB ci aspetta con la jeep che sarà la nostra casa mobile per tutta la parte del viaggio in Botswana. E’ una Land Cruiser di circa una decina d’anni, una cabina da due posti (compreso il guidatore) e un cassone tendato adibito al trasporto di 9 persone in tre file da tre. La prima cosa da fare però è andare all’ufficio Hertz dell’aeroporto di Maun con il secondo driver, Mr. Kenny. Kenny, che a prima vista ci sembra venire da un altro pianeta, non cammina, ciondola e inizialmente ero un pochino preoccupato. Si dimostrerà invece un vero Bush Man con una grande anima. Rispetto a nemmeno troppo tempo fa il viaggio è cambiato e se prima c’era solo la jeep con un cassone rimorchio che serviva per stipare bagagli e cibarie, ora abbiamo a disposizione una vettura di backup guidata appunto dal secondo driver che nel nostro caso è appunto Mr. Kenny. All’ufficio Hertz dobbiamo presentarci con passaporto e carta di credito che serviranno per il noleggio della vettura di backup: un pickup Toyota Hilux con cassone chiuso.
Tutti insieme ci siamo poi recati all’ufficio dell’agenzia che si occupa dei voli sul delta. Gli uffici si trovano al primo piano in aeroporto. Decidiamo tutti di fare il volo anche se il meteo non è il massimo. Il volo costa 120 USD a testa. Paghiamo, ci danno la ricevuta e ci danno appuntamento alle 16:00 nella piccola hall dell’aeroporto.
Carichiamo tutti i bagagli sulla jeep di backup e ci rechiamo tutti dalla corrispondente con la quale confermiamo quanto pattuito via mail: la gita coi Mokoro, la crociera sul Chobe e il materiale “extra” da aggiungere alla cassa cucina: 3 sedie, un tavolo, un grill (non useremo il gas ma faremo tutto con la legna) e due lampade da campo. Abbiamo deciso di non prendere la bombola del gas in quanto 20 USD al giorno per una bombola del gas ci sembrava davvero una follia. Stessa cosa vale per le sedie. Ne abbiamo prese solo 3 in quanto su 9, in 6 ci siamo portati gli sgabellini treppiedi di Decathlon. I tre pax che han voluto la sedia se la son pagata: 4 USD al giorno per 8gg sono 32 USD per una sedia, follia allo stato puro. Più avanti vi spiegherò, dal mio punto di vista, cosa è meglio fare.
Dopo aver salutato la corrispondente andiamo velocemente al Maun Rest Camp dove facciamo il check-in e ci vengono assegnate le piazzole delle tende. Ne approfittiamo per prenotare il ristorante per la cena. Subito dopo torniamo in aeroporto perché ci aspetta la prima vera emozione del viaggio.
Sul piccolo aereo da 8 posti non possiamo portare gli zaini per cui li lasciamo in custodia a KB nella sua Jeep. Passiamo il security check e poi mi aspettavo il solito video informativo sulle norme di sicurezza. Niente di tutto questo. In 7 veniamo prelevati e portati sulla pista tramite un minivan. Altri due partecipanti saliranno sul volo successivo. Tempo di arrivare sulla pista e ci attende il nostro aereo. Il pilota è già in cabina e pronto a partire. Nessuno ti dice dove salire, non ti fanno nemmeno allacciare le cinture. Si decolla.
L’aereo ci mette davvero poco a raggiungere la quota ed uscire dalla piccola Maun. Il territorio del delta del fiume Okavango è proprio davanti a noi e sotto di noi. Non si fa nemmeno in tempo a superare le ultime case che scorgiamo i primi animali: giraffe, elefanti ed ippopotami. Che emozione vederli dall’alto. Dal mio punto di vista fare il volo sul delta PRIMA del viaggio è un punto a favore in quanto ti da subito un’idea di quello che poi vedrai da molto più vicino e ti da una carica incredibile per iniziare il viaggio. Fortunatamente il cielo si apre, inizialmente avevamo preso un po’ di pioggia e la cosa ci aveva preoccupato. Alla fine tutto si risolve per il meglio e pian piano vediamo anche tanti altri animali: impala, zebre, kudu e anche una coppia di leoni sdraiati vicino ad un cespuglio. Molti di noi non erano mai stati in Africa ed era un gioia vedere nei loro occhi lo stupore e l’emozione di fronte a tanta bellezza. Il paesaggio non è esattamente come mi aspettavo. Pensavo che, essendo appena terminata la stagione delle piogge, ci fosse più acqua. I corsi d’acqua ci sono ma mi aspettavo qualcosa di più. Successivamente, parlando con KB, ho avuto la conferma che è da due anni che la stagione delle piogge finisce prima del solito. Ciò non toglie che lo spettacolo che vediamo è da documentario del National Geographic. Volare a così bassa quota per poter distinguere tutti gli animali è veramente una cosa emozionante. Penso a cosa devono aver provato i ragazzi che non erano mai stati in Africa e che allo stesso tempo non avevano mai volato su un aereo così piccolo.
Il volo dura 45 minuti, più che sufficienti per darci un’idea di quello che ci aspetta.
Il volo è piaciuto a tutti ed ha contribuito a rendere l’atmosfera ancora più elettrizzante. Ripeto: dal mio punto di vista, farlo subito è anche meglio. Farlo dopo è sicuramente bello, ma hai visto talmente tanti animali nei parchi che potrebbe perdere un po’ il suo fascino.
Carichi come le molle e con dei sorrisi che sembrano delle paresi stampate in faccia saliamo sulla Jeep che ci riporta al primo camp site.
Il Maun Rest Camp è attrezzato con docce, servizi, corrente e WiFi. Manca solo il ristorante che però è a pochi passi.
È già buio quando montiamo le tende armati delle nostre lampade frontali che, finalmente, hanno il loro scopo.
Qui si vede subito chi è già abituato alla vita da campeggio; ma il gruppo inizia subito a collaborare e i più esperti si prodigano in preziosi aiuti ai novizi.
KB ci accompagna al ristorante e cenerà con noi. Il ristorante è più che altro un risto-pub che prepara ottimi Hamburger. Siamo in Africa e iniziamo finalmente a rilassarci dopo due giorni di fuoco.
KB ci addestra su alcune regole che dovremo tenere quando saremo nei parchi e ci illustra il programma del giorno successivo.
La cena è ottima e il gruppo inizia a conoscersi, le premesse sono buone.
Torniamo al camp site e ci facciamo tutti una doccia prima di andare a dormire. Da qui in avanti avremo l’acqua per lavarci solo per un paio di giorni.
La prima di otto notti in tenda. Mi addormento come un bambino ascoltando i versi dei babbuini che alloggiano proprio sull’albero vicino alle nostre tende.
- 23/04
La sveglia è alle 6:30, impacchettiamo le tende e aspettiamo KB e Kenny che vengano a prenderci. Ne approfittiamo per dare un’ultima carica ai nostri smartphone e macchine fotografiche. Salutiamo i nostri cari perché non avremo più contatti col mondo per i prossimi sei giorni. Può essere assolutamente considerato un viaggio detox al 100%.
Ci rechiamo in centro a Maun e facciamo una buona colazione.
Dopo colazione cambiamo alcuni dollari in valuta locale. Ci renderemo conto che ne abbiamo cambiati troppo pochi in quanto solo di spesa tenete conto circa 300 USD in PULA per 9 persone. Dobbiamo fare la spesa ma prima ci rechiamo in un negozio di materiale da campeggio per procurarci le cooling box, ovvero i classici frighi da campeggio. I nostri autisti non li hanno, Mavis nemmeno; ce li compriamo al costo circa di 22 USD ciascuno. Ce ne servono due visto che poi il ghiaccio li riempirà per metà. In accordo col gruppo lasceremo i cooling box a KB e Kenny a fine viaggio. Le sedie da campeggio in questo negozio costano davvero poco e, sinceramente, visto il prezzo che Mavis vi estorce, conviene comprarle lì e poi lasciarle alle guide. Pensateci prima di farvi rapinare. Ovviamente considerate il giorno in cui sarete a Maun. Se arrivate di domenica è probabile che questo negozio sia chiuso.
Dopo aver comprato i due frighi facciamo la spesa al vicino supermercato che ha DAVVERO DI TUTTO. Anche qui, col senno di poi, avrei potuto far portare meno cibo dall’Italia risparmiando peso sui bagagli. Come previsto calcoliamo una razione di acqua pari a 5 litri a testa al giorno, siamo in 9 per 6 giorni, per cui compriamo 54 boccioni da 5 litri di acqua. Sono tanti, ma vi posso assicurare che non ne abbiamo avanzati molti, abbiamo avanzato 4 bottiglioni che abbiamo regalato a KB e a Kenny. La plastica di quei bottiglioni è molto fragile e durante i tragitti se ne sono rotte almeno 6 di bottiglie perdendo gran parte del contenuto.
Meglio averne in più che in meno. Le possibilità di trovarne altra durante il percorso sono molto remote per cui: fate bene i vostri calcoli. Oltre alle cose segnate sulla lista presente in questa relazione ho offerto 3 cartoni di vino da 3 litri al gruppo e altri 3 sono arrivati da altrettanti partecipanti. Da appassionato di vini posso dire che non erano nemmeno così male, in Italia ho bevuto di peggio.
Non ci rimane che comprare il ghiaccio e la legna. Per il ghiaccio vi consiglio un unico grande blocco per ogni frigo. Un blocco grande dura molto più che più blocchi piccoli. A noi il ghiaccio è durato quasi 5 giorni.
La legna si compra lungo la strada ed anch’essa si paga in PULA, sono 25 PULA per ogni catasta, contate circa 2/3 piccole cataste per ogni nottata.
Del fuoco si occuperanno sempre Kenny e KB.
Bene, finalmente siamo pronti, sono circa le 11:00 del mattino quando ci mettiamo in marcia per il nostro primo game drive, destinazione Moremi Game Reserve.
La prima parte di tragitto è strada asfaltata che però lasceremo dopo nemmeno 20km.
Appena imboccato lo sterrato iniziamo a vedere i primi animali.
I primi che avvistiamo è un gruppo di impala: dei piccoli cervidi molto eleganti e simpatici. Sono definiti “bush food” ovvero “cibo del bush”. Essendo piccoli e molto numerosi sono cibo facile da procurare per qualsiasi predatore, infatti ne vedremo migliaia di esemplari.
Il primo dei “big five” che avvistiamo è un elefante che scopriamo non essere da solo ma in un nutrito branco che cammina proprio di fianco alla pista sterrata cibandosi delle verdi foglie delle acacie e della folta erba del bush. Quando vediamo i piccoli di elefante giocare in una pozza di fango spruzzandoselo addosso per proteggersi dal sole si sentono i primi di molti “oooooohhhhh!!!!” di meraviglia che ci accompagneranno per tutto il viaggio. Dietro alle acacie più alte ecco spuntare i primi esemplari di giraffa. Sono tantissime e camminano elegantemente di fronte a noi, tagliandoci la strada più volte. Rispetto agli stessi animali che avevo visto in Namibia nel 2014 questi sono messi decisamente meglio: più grandi, più in forma e più grassottelli; sinonimo che il cibo qui non manca. Il primo game drive vola letteralmente e non ci accorgiamo che siamo arrivati al gate della riserva del Moremi. Scendiamo e paghiamo (in dollari americani perché avevamo finito i PULA) l’ingresso al parco per 9 persone, i due autisti, le due vetture e il pernottamento.
Ne approfittiamo per un primo pranzo mettendo le cibarie deperibili dentro ai cooling box (formaggi ed affettati). La scelta di portare molti affettati e formaggi sottovuoto dall’Italia è risultata vincente. I nostri pranzi saranno per lo più a base di pane, affettati, formaggi, tonno e frutta. Dopo la pausa ci fermiamo per una sosta idraulica e rinfrescante nei bagni dei gate che solitamente sono discretamente puliti e dotati di acqua corrente.
Entriamo nella riserva del Moremi e ci stupiamo per il paesaggio decisamente “verde”. Gli avvistamenti non si contano, le fotografie e i video nemmeno. Per ora però l’unico dei big 5 che abbiamo visto è stato l’elefante. Tenteremo la fortuna verso il tramonto ma purtroppo, per ora, niente leoni, niente leopardi, niente predatori. Arriviamo a quello che viene definito Camp Site, è un BOGA Camp Site. La sigla BOGA sta per BOtswana Guide Association http://www.boga-bw.com/camps.html e più che dei campsite sono delle aree in cui è consentito il campeggio. Non ci sono recinti, non ci sono servizi, docce, corrente, wifi; non c’è assolutamente NULLA! Qui KB ci dice come sistemare le tende. Il nostro BOGA è lo SMOX 1 di Xakanaxa. Il posto è un incanto. Erba verde su cui montare le tende, grandi alberi di acacia a fornirci ombra e una comunità di babbuini pronta a rubarci tutto non appena se ne presenterà l’occasione. Ed è proprio per questo che metteremo i lucchetti alle tende quando ci allontaneremo per il game drive del tramonto. Sistemiamo le tende a formare un cerchio dove al centro verrà acceso il fuoco. Una regola fondamentale è di non posizionare mai la tenda troppo vicina al bush. La tenda deve essere lontana dal bush e relativamente vicina al fuoco. Tutte le tende devono essere vicine tra loro e nessuno deve essere isolato. Una tenda isolata potrebbe essere scambiata per un cespuglio da un elefante il quale potrebbe allegramente calpestarla. Una volta montate le tende partiamo per il game drive del tramonto. Con l’abbassarsi della temperatura si vedono molti più animali i quali escono allo scoperto per andare a bere o a cibarsi. Durante le ore più calde della giornata gli animali che si spostano sono per lo più elefanti e giraffe. Finalmente vediamo anche le prime zebre accompagnate da impala, kudu e cobo, ovvero antilope d’acqua la cui caratteristica è quella di avere un manto grigio scuro tranne che per un cerchio bianco che delinea le natiche, da qui li chiameremo “culitondi”. Vediamo anche un paio di aquile pescatrici appollaiate sui rami più alti di alberi ormai morti. Il bush del Moremi è quanto di più inusuale mi sia capitato di vedere. L’erba non è gialla ma è alta e verde, le acacie sono rigogliose e ci sono molte pozze d’acqua. Alberi con grandi fronde verdi si alternano ad alberi morti dalle forme irregolari che donano un fascino incredibile al paesaggio. Il tempo vola e il sole sta per tramontare regalandoci il primo dei bellissimi e famosi tramonti africani. La luce diventa dorata, le ombre si allungano e diventano morbide. Pian piano il cielo si incendia e le nuvole donano tridimensionalità. La cosa più bella sono le silhouette degli animali e delle piante che si stagliano all’orizzonte. Il cielo diventa di fuoco con sfumature arancioni che virano al viola prima di spegnersi nel blu più intenso che si possa immaginare. Siamo di ritorno al campsite al crepuscolo e troviamo il fuoco già accesso. Mettiamo a bollire l’acqua e usiamo la loro che non possiamo bere ma che possiamo tranquillamente usare per cuocere la pasta. La prima cena è a base di pasta col pesto portato dal genovese Riccardo. Apriamo anche il parmigiano e qualche affettato. Brindiamo con del discreto Merlot sudafricano e alla cena si uniscono anche KB e Kenny. Ecco, diciamo che a noi ha fatto molto piacere cenare, pranzare e fare colazione con loro. Assolutamente tutti d’accordo a renderli parte del gruppo. Quello che non abbiamo capito allora è come si giustifica una folle diaria di 20 USD al giorno ad autista per il cibo visto che poi mangiano sempre con noi. Questa cosa sarebbe da rivedere.
Dopo cena ci mettiamo tutti intorno al fuoco e ascoltiamo i rumori che arrivano dal bush, KB ci insegna come comportarci di notte. Non si esce mai dalle tende e se per caso bisognasse fare pipì o altro i casi sono due. 1. Si ha una verandina e si fa tutto fuori dalla tenda ma dentro la veranda oppure 2. Si tagliano i bottiglioni da 5 litri vuoti e si usano come vaso da notte. In tenda non si accende nemmeno mai la luce dopo che il fuoco è spento. Le nostre ombre potrebbero incuriosire gli animali che vi posso assicurare son sempre molto presenti e molto vicini a noi.
Il cielo sopra le nostre teste esplode in un firmamento che solo al sud del mondo è così bello, contando poi che la luna salirà solo molto più tardi e che ci troviamo lontanissimi dal primo insediamento umano con relativo inquinamento luminoso, viene da se che lo spettacolo celeste vale da solo il costo del viaggio.
Ce ne andiamo a dormire e per la prima volta sentiamo i versi di iene, babbuini ed elefanti molto vicini alle nostre tende. Incredibile ma vero mi addormento profondamente svegliandomi solo all’alba col suono della sveglia. Ho dormito benissimo, e così hanno fatto tutti gli altri ragazzi, sotto l’occhio vigile di una guida esperta come KB.
- 24/04
La sveglia è alle 5:45 e diventerà una consuetudine.
Le temperature notturne sono più alte di quello che mi aspettavo e la tenda invernale è forse un pochino troppo calda. Non credo che la temperatura sia mai scesa sotto i 13° durante tutto il viaggio. Praticamente non sono mai entrato nel sacco a pelo, l’ho sempre usato solo come copertina durante le ore più fresche.
Usciamo dalla tenda che è ancora buio, nel Moremi di notte è molto umido e le nostre tende hanno la cover bagnata. Cerchiamo di asciugarle ma non abbiamo tempo di aspettare che sorga il sole. Le sbattiamo un pochino all’aria e le chiudiamo così. Appena le luci dell’alba illuminano il parco mi accorgo che c’è un leggero strato di bruma che si sta diradando e, visto che sono il primo ad uscire allo scoperto, mi accorgo che una nutrita mandria di impala sta brucando a meno di cinque metri dal nostro campo. Non faccio in tempo ad andare a prendere la macchina fotografica che spariscono nel bush profondo. Tra l’altro sono convinto che avessero brucato erba anche vicino alle nostre tende. Convinzione che viene confermata da KB che mi mostra i “segni” della presenza degli erbivori all’interno del nostro campo. Di comune accordo non facciamo colazione, ci beviamo solo un bicchiere di caffè in quanto il mitico Kenny ha già preparato l’acqua bollente. Non resta che aggiungere un cucchiaino di caffè solubile e bere di corsa. Sono le 6:30 quando saliamo sulla Jeep, pronti al game drive. Abbiamo già chiuso le tende e riposto i bagagli nella Hilux. Fa freddino ed indossiamo i nostri strati più caldi. Gli incontri che facciamo sono più o meno gli stessi del giorno prima ma stavolta vediamo una famiglia di facoceri zompettare molto vicini a noi. Sono davvero molto buffi con quelle zanne all’insù. Siamo alla ricerca di qualche predatore ma non siamo fortunati. Ci godiamo il cambiamento del paesaggio che passa da verde e rigoglioso bosco di acacie ad un bush simile a quello namibiano, con scheletri di alberi morti che donano al paesaggio un aspetto esteticamente appagante. L’erba passa da bassa e verde ad alta e secca. Attraversiamo questa parte di riserva che viene chiamata “Dead tree island”; veramente suggestiva. Incrociamo un paio di gnu di cui uno intento a riposare in un tratto di terra totalmente sabbiosa. Gli passiamo molto vicini e non accennano minimamente alla fuga. Probabilmente sono abituati alla presenza delle jeep. Il sole sale velocemente insieme alle temperature. Nel giro di un’ora passiamo dai piumini alle maniche corte. In questa parte della riserva non c’è nemmeno una goccia d’acqua e difatti si vedono pochissimi animali. Però KB sa dove andare e abbandoniamo le piste più battute inoltrandoci nel bush percorrendo piste a malapena accennate, ed è proprio su una di queste piste che incontriamo due bellissimi esemplari di iena. Alla nostra vista scappano ma riusciamo a fotografarle ed inseguirle per qualche centinaio di metri. Il tempo vola e ci fermiamo solo per una veloce sosta idraulica. Dobbiamo tornare al BOGA Camp a recuperare Kenny visto che ci aspetta un lungo trasferimento verso la Khwai Community Reserve, la nostra prossima meta. La pista si trasforma man mano e passiamo dalla terra alla sabbia che in alcuni punti è molto insidiosa tanto da dover usare le marce ridotte della nostra jeep. Kenny si insabbierà una volta ma riuscirà ad uscirne pochi minuti dopo. Con KB invece andiamo sul sicuro, la sua guida esperta infonde molta sicurezza. Purtroppo un paio di bocce d’acqua si romperanno lungo il tragitto a causa del fondo stradale molto sconnesso. Durante le ore più calde sono davvero pochi gli animali che girano. Passano anche un paio d’ore senza vederne nessuno. Ne approfittiamo per fermarci e fare un “brunch”. Non abbiamo fatto colazione e quindi approfittiamo di una sosta per mangiare. Pane, affettato, formaggi, tonno e fagioli. Dopo il brunch riprendiamo il nostro trasferimento e nel primo pomeriggio arriviamo nella riserva di Khwai. Il paesaggio è molto diverso, più secco ma c’è più spazio. Le foreste di acacie del Moremi nascondevano alla vista le grandi pianure africane. Verso le quattro del pomeriggio il sole scalda di meno e gli animali riprendono a muoversi per cibarsi e andare a bere. Vediamo i primi ippopotami in una grande pozza e ci fermiamo ad ammirarli. Sono veramente enormi, ma soprattutto sono molto aggressivi in special modo quando sono fuori dall’acqua. L’ora del tramonto sta per avvicinarsi quando entriamo in un’area che sembra il paradiso terrestre. Una piccola oasi formata da un corso d’acqua che scorre lento e che andrá a ad asciugarsi nel delta; dentro al corso d’acqua famiglie di ippopotami coi loro piccoli; elefanti si abbeverano e giocano e, lontani, sulle rive, decine e decine di ungulati tra cui zebre, impala, kudu e cobo. Sugli alberi secchi stanno appollaiati diversi rapaci tra cui due bellissime aquile pescatrici. Alcuni martin pescatore svolazzano intorno a noi e riusciamo a vedere anche una bellissima e coloratissima ghiandaia marina. È davvero una parte di paradiso che vediamo con una luce spettacolare. Ovviamente in questo posto si radunano molte jeep e le guide, nella loro lingua Shona si scambiano informazioni sugli avvistamenti. Ad un certo punto KB parte spedito, sembra aver avuto una dritta importante. Nemmeno il tempo di dirlo che arriviamo in un punto dove si radunano diverse jeep con la gente intenta a guardare tutta nella stessa direzione. Sotto ad un grosso albero, riparato da diversi fitti cespugli, riposa un maschio di leopardo. Riusciamo a malapena ad intravvederlo, vicino a lui la carcassa fresca di una giovanissima zebra. Il leopardo ha appena mangiato per cui non si sposterà facilmente da quella posizione. Rimaniamo ad ammirarlo per diversi minuti ma il sole in breve scomparirà all’orizzonte e noi dobbiamo ancora montare le tende. Torniamo sui nostri passi e passiamo per quel pezzo di paradiso terrestre che avevamo ammirato poco prima. Mentre siamo sulla jeep ed attendiamo che il sole tramonti definitivamente ci troviamo coinvolti in una lotta tra due grandi maschi di elefanti in calore. KB ci dice che sono in calore dalla lacrimazione delle ghiandole ormonali poste tra gli occhi e le orecchie. Finita la lotta andiamo verso il camp site che, con nostra sorpresa, ha pure una doccia e un wc. La struttura è formata da una base in cemento e da una struttura formata da una intelaiatura in legno e una copertura fatta da una tenda. Anche stasera montiamo le tende con l’ausilio delle nostre torce frontali.
Prima di cena ne approfittiamo per farci una bella doccia, non calda, ma piacevole. Al Mbudi Campsite di Khwai sosteremo due notti.
Stavolta tocca alla pasta all’amatriciana. Avevo fatto portare della pancetta a cubetti proprio per questo. Ognuno di noi fa il suo: chi si occupa della pasta, chi dell’aperitivo con affettati e formaggi, chi del vino. Il gruppo si amalgama pian piano e questo è un aspetto molto importante visto che il viaggio che affrontiamo non è certamente tra i più comodi.
Ci sediamo a mangiare e KB ci racconta come distinguere gli animali di notte puntando la torcia e studiandone la reazione. I leoni, ad esempio, quando vengono abbagliati dalla torcia chiudono subito gli occhi e si abbassano. Gli occhi sono frontali e riflettono luce rossa. Diversamente gli occhi degli erbivori sono a lato della testa e non vengono chiusi se abbagliati. È davvero interessante imparare cose nuove da una guida molto esperta. Più avanti ci spiegherà come si diventa guida certificata in Botswana e la difficoltà di mantenere la certificazione. Anche questa notte il firmamento è spettacolare ma non conosco i cieli del sud e non riconosco nessuna costellazione. Andiamo a dormire sentendo gli ippopotami rumoreggiare nel vicino corso d’acqua. Alcuni elefanti passano vicino alle nostre tende rompendo rami e barrendo per allontanare eventuali predatori interessati ad un lauto pasto a base di piccolo di elefante.
- 25/04
Il fatto di dormire due notti nello stesso campsite ci permette di alzarci leggermente più tardi. Abbiamo già una meta in programma: raggiungere lo stesso posto dove abbiamo visto il leopardo la sera prima. Ci arriviamo prima di tutte le altre jeep ma sembra che il leopardo sia sparito, così come è sparita la carcassa di zebra. Mentre ci chiediamo che fine potesse aver fatto il leopardo arriva un’altra jeep, dall’altra parte dell’albero sotto cui lo avevamo visto. E proprio in quell’istante il leopardo esce dai cespugli e scappa via. Noi non lo vedevamo perché si era nascosto dalla parte opposta. Mentre KB si mette all’inseguimento del bellissimo felino noi cerchiamo di scattare quante più foto possibili. Il momento è stato magnifico; vedere un leopardo correre nel bush alle luci dell’alba è un’immagine che non dimenticheremo mai. Non facciamo in tempo a salutare il leopardo che ne vediamo un secondo, più piccolo cercare di rifugiarsi sotto altri cespugli: è la femmina. Alcune jeep le sbarrano la strada e KB molto astutamente le chiude la via di fuga dall’altra parte degli alberi. Ci fermiamo prima che si spaventi. Ecco la foto che volevo: la femmina avanza direttamente verso di noi camminando tra due alberi per cercare un rifugio, è tranquilla e quindi riesco ad immortalarla con quello che risulterà lo scatto più bello di tutto il viaggio. Dritta di fronte a me, a meno di 5 metri a favore del sole dell’alba. Che animale meraviglioso. Pochi secondi dopo la giovane femmina si arrampica sull’albero e si nasconde dietro ad una folta chioma di foglie; riusciamo solo ad intravvederne il manto quando si muove. KB ci fa notare dei rumori provenienti dall’albero: sta mangiando la sua preda e sta rompendo le ossa della carcassa coi denti. Ci abituiamo al suono e infine lo distinguiamo nettamente. Che emozione. Il game drive mattutino al Khwai è uno di quelli più belli ed emozionanti. Il paesaggio è davvero molto bello e gli animali si lasciano avvicinare molto compresa una famiglia di giraffe che ci ha osservato per diversi minuti a pochissimi metri di distanza. Ritorniamo al corso d’acqua vicino al nostro campsite e ci fermiamo ad osservare diverse famiglie di ippopotami spostarsi al tepore del primo sole. Una grossa mamma passa molto vicino a noi sull’altra sponda del corso d’acqua; dietro di lei due esemplari davvero giovanissimi. Tutto questo a meno di 5 metri. Avevo visto tanti animali in Namibia ma mai così vicini e soprattutto così belli. Una coppia di Pordenone ha girato praticamente tutta l’Africa compresa Tanzania e Kenya; han deciso di tornare in Botswana perché secondo loro è imbattibile. Ora capisco perché.
Sono passate le 10:30 quando rientriamo al campsite; tempo di fare una doccia, preparare il pranzo e poi pronti per la gita sui Mokoro. Siamo praticamente i primi della stagione e siamo gli unici. Ci dividiamo in 5 mokoro. Vanno tutti in coppia mentre io sono da solo col mio barcaiolo, si fa chiamare Captain e il suo inglese non è buono come quello di KB ma si fa capire e, notando tutta l’attrezzatura fotografica che avevo appresso, si metteva sempre a favore di luce per farmi fare le foto al meglio. Grandissimo. La gita era prevista per le 15 e, puntuali, siamo saliti sulle piccole imbarcazioni. Il punto di vista è davvero suggestivo, a pelo d’acqua. Il silenzio è interrotto solo dalle nostre voci e dalle esclamazioni di stupore. Un cielo meraviglioso si specchiava sul letto del fiumiciattolo che scorreva lento, senza increspature. Con un po’ di fantasia si poteva pensare di volare. La gita dura due ore ma sono più che sufficienti per godersi questa meraviglia. Vediamo tanti uccelli, ninfee e minuscole rane aggrappate ai lunghi steli d’erba che escono dall’acqua, si mimetizzano usando la stessa tecnica dei camaleonti. La gita è piaciuta a tutti, me compreso che l’avevo erroneamente sottovalutata leggendo alcune relazioni. Rientriamo verso le 17:30 al campsite e non facciamo in tempo a fare un altro gamedrive. Ne approfitto per farmi l’ennesima doccia. Sarà l’ultima per i prossimi 4 giorni. Mi godo la doccia fresca, non fredda e visto il caldo è un toccasana. Mentre sto uscendo dalla piccola tenda mi accorgo che un grosso maschio di elefante mi sta osservando. Non so da quanto tempo fosse lì. Se ne stava tranquillo mangiando le sue foglie dagli alberi, eravamo a circa tre metri. Incredibile, non avevo paura, capivo che non gli interessavo più di tanto, si era solo fermato a curiosare. Contemporaneamente un partecipante esce dalla tendina del wc ed entrambi rimaniamo estasiati a guardare questo bestione cibarsi proprio davanti a noi. Fa un certo effetto non essere sulla jeep, non avevamo protezione nel caso in cui avesse voluto aggredirci. Noi abbiamo guardato lui e lui noi. Dopodichè è rientrato nel bush lasciando in noi un brivido di eccitazione che se ne è andato solo qualche ora dopo. Ceniamo con un’ottima pasta a base di pesto genovese e pomodoro. Ci diamo dentro col vino, a quanto pare ne abbiamo comprato troppo poco. Dopo cena KB ci racconta come si fa a diventare guida certificata del Botswana. Dopo quattro anni di affiancamento deve sostenere un esame che dovrà ripetere ogni anno prima dell’inizio della stagione. L’esame è in inglese ed è composto da 75 domande a cui deve rispondere esattamente almeno a 65. Le domande sono su flora, fauna, geologia, meccanica, guida, meteo, cucina e rapporti coi clienti. Ci dice che secondo la sua opinione il modo migliore di vivere questa esperienza è proprio come facciamo noi, testualmente ci dice: “Siamo un team, io vi insegno delle cose e vi guido, voi fate da mangiare e mi aiutate con bagagli e a togliermi dagli insabbiamenti. Dormiamo in mezzo al bush insieme agli animali, nel loro mondo. Diverso è quando mi toccano clienti facoltosi che dormono nei lodge, io li devo portare da un posto all’altro, non mi chiedono nulla e a pranzo devo cucinare per loro. In quei casi mi sento un dipendente, mentre così mi sento parte di un gruppo, per voi non è lo stesso?” Grande KB!!! Ci spiega cosa significhi essere una guida, ci racconta del Botswana, del fatto che sia vietata la caccia in tutto il Paese, ci racconta delle sue origini e di come abbia conosciuto Kenny tanti anni fa. E’ un piacere ascoltarlo, poi quando ci parla degli animali è incredibile, è molto meglio di un documentario narrato da Piero Angela. Come ogni notte il cielo è un tripudio di stelle. Andiamo a dormire come sempre prima delle 11 di sera. Ci prepariamo al trasferimento del giorno dopo. Si parte per la riserva dell’area del Savuti. Prima di andare a dormire, però, Kenny ci fa notare che il livello dell’olio della vettura di supporto è al minimo. Non lo abbiamo controllato prima di partire. Il mattino dopo andrà a cercarne un po’ e ne comprerà 5Kg che dovremo farci rimborsare quando riconsegneremo la vettura a Kasane.
- 26/04
Il Savuti è delimitato ad est dal delta del fiume Okavango mentre ad ovest dal parco naturale del Chobe, vanta una delle maggiori concentrazioni di animali dell’Africa Australe. Dopo la mattinata trascorsa facendo un game drive arriviamo al gate e paghiamo sia per i due giorni di permanenza al Savuti sia per la giornata di permanenza al Chobe. Ci colpisce subito il fatto che non è tutto pianeggiante. Ci sono delle piccole colline in tutta l’area che donano movimento al paesaggio. Vicino ad una di queste colline impera un gigantesco baobab. KB ci dice che in questa zona ce ne sono di enormi e ci porterà a vederli più avanti. Per ora, dei big 5 abbiamo visto solo elefanti ed ippopotami; ci mancano i leoni, i bufali e i rinoceronti. KB ci dice che nel Savuti ci sono tantissimi leoni mentre è più facile incontrare i bufali nel Chobe, in questa parte del Botswana, invece, i rinoceronti sono merce rara. Fortunatamente ne avevo già visti molti in Namibia. Anche in Namibia avevo visto quasi tutto, mi mancava il leopardo che finalmente ero riuscito a vedere il giorno prima. Per arrivare al Savuti, dalla riserva del Khwai, bisogna costeggiare una depressione quasi desertica. Il caldo di mezzogiorno è opprimente, la pista diventa insidiosa e KB fa i miracoli per non insabbiarsi. Ci fermiamo per il pranzo sotto un’acacia enorme. Tiriamo fuori il tavolo, prepariamo tutto ma siamo osservati da vicino dal Bucero di Bradfield: un intraprendente uccello dal grande becco ricurvo e occhi spiritati. Il modo in cui volano è incredibili, sono molto aggraziati. Sono anche i cestini del bush, appena cade una briciola dal tavolo se la contendono quasi alla morte. Mentre guardiamo divertiti le sfide tra questi uccellacci (che chiameremo del malaugurio, ce ne sono tantissimi) ci accorgiamo che un branco di elefanti passa proprio davanti a noi. Sono una carovana di circa una quarantina di esemplari. Non smettiamo mai di stupirci nonostante ne vedessimo ogni giorno un numero non ben definito di esemplari.
Dopo il nostro pranzo a base di insalatissime rio mare proseguiamo il nostro trasferimento fino ad arrivare al gate del Savuti. Prendiamo posizione nel campsite, anche questo è un BOGA per cui non è presente nessun tipo di servizio. Il gamedrive del tramonto ci offre due emozioni fortissime. Una guida ha detto a KB che dei leoni stavano riposando non lontani da dove eravamo noi. Ci affrettiamo percorrendo una pista all’interno di un canale naturale quando ad un certo punto da destra sbuca un enorme maschio di elefante in calore che si spaventa vedendoci arrivare. Si ferma proprio davanti a noi, allarga le orecchie ed è pronto a caricare. Sulla jeep eravamo tutti paralizzati dalla paura. KB ingrana la prima, sgasa per fare più rumore possibile ma niente da fare, il pachiderma non intende spostarsi. A questo punto KB tenta l’ultima mossa possibile: fa un balzo con la jeep in direzione dell’elefante che si spaventa e scappa nel bush. Scappa però in direzione di un folto gruppo di alberi, non ha spazio per passare; nessun problema, ne abbatte uno scappando. Ridiamo isterici percorsi da una paura che ricorderemo a lungo cercando di controllare l’enorme spavento.
Non passano nemmeno 5 minuti che incontriamo finalmente i nostri primi leoni. Sono un vecchio maschio munito di radiocollare e due giovani e splendidi esemplari maschi. Sonnecchiano su una piccola collinetta circondata dagli alberi. Rimaniamo a guardarli per più di mezzora ma prima di andarcene dobbiamo passare proprio attaccati a loro. Saranno circa due i metri che ci separano da queste meravigliose macchine di morte. L’emozione di essere così vicini è forte ma non abbiamo nessuna paura. Ci osservano sornioni e uno dei due giovani si comporta come un gigantesco gattone rotolandosi sulla schiena totalmente assonnato. Quasi non ci degnano di attenzione. Rientriamo al campsite emozionatissimi. Il Botswana ci sta regalando momenti indimenticabili.
Solita cena a base di pasta, questa volta con il ragù, e poi dritti a nanna.
- 27/04
Visto che anche stavolta dormiremo due notti nello stesso posto possiamo prendercela con calma. Nel game drive del mattino torniamo nel punto dove avevamo visto i leoni ma purtroppo non erano più lì. Allora KB ci porta in un altro posto dove è presente una pozza di acqua pulita e pompata tramite un motore ad energia solare. In questa pozza si abbeverano circa un centinaio tra zebre, facoceri, giraffe, impala, kudu, cobo ecc. Di punto in bianco tutti gli animali sembrano impazziti e si mettono a correre in tutte le direzioni quasi investendo la nostra jeep. Pochi secondi dopo capiamo cosa abbia scatenato il panico generale. I tre maschi visti ieri si stavano avvicinando alla pozza. Non si sono avvicinati per bere, solamente cercavano un posto all’ombra dove sonnecchiare. Che spettacolo. KB conosce molto bene la zona e conosce anche bene alcuni punti strategici tra i quali un boschetto dove riposano due gemelli di ghepardo che avvistiamo mentre si riposano. I ghepardi sono i miei animali preferiti, li adoro col loro corpo nato per correre, sinuoso e flessibile, con quella lunga coda che funge da timone e quelle striature nere che cerchiano gli occhi scendendo lungo i lati del naso. KB conosce da ben sette anni questi due fratelli. Sono orfani dopo che la madre è stata uccisa da dei leoni. Erano piccoli e sono sopravvissuti mangiando inizialmente insetti e piccoli pesci. Ora sono inseparabili. Il racconto ci commuove e rimaniamo inebetiti a guardare queste due meraviglie per quasi un’ora. Rientriamo al campsite per le 11.30. Fa molto caldo e dopo pranzo tentiamo di riposare all’ombra degli alberi, proprio come fanno gli animali. Riprendiamo il gamedrive verso le quattro del pomeriggio. Il nostro obiettivo, ora, sono i rarissimi Wild Dogs: i licaoni. Durante il gamedrive rivediamo i ghepardi ma stavolta siamo soli e allora KB si avvicina molto con la jeep facendo alzare i due animali che infastiditi si spostano andando a sdraiarsi cinquanta metri più distante all’ombra di un termitaio. Pigroni. Facciamo per continuare il gamedrive e la guida di un’altra jeep dice a KB dove hanno avvistato i licaoni. Ci chiede se vogliamo tentare l’impresa. Sono distanti, ci vuole un’ora per arrivare dove sono stati avvistati e tra poco più di un’ora il sole tramonterà. Decidiamo di accettare la sfida e partiamo di gran carriera. Dopo circa un’ora arriviamo alle pendici di una collina, il sole sta tramontando quando una ragazza del gruppo urla “eccoli la!”. Vediamo qualcosa muoversi in penombra e scappare via. KB ci conferma che sono dei licaoni. Siamo eccitatissimi e proseguiamo sulla pista sabbiosa tanto che, dopo una curva la jeep si insabbia. La sabbia è profondissima e molto sottile tanto che il nostro Land Cruiser appoggia con tutto il semiasse anteriore sulla sabbia. KB tenta inutilmente di attivare il 4x4 che non si innesta a causa della sabbia che blocca i mozzi. Scendiamo dalla jeep e raccogliamo quanti più rami e piccoli tronchi da mettere dietro le ruote posteriori: le uniche che hanno trazione. Alcuni spalano la sabbia dalle ruote anteriori. Ci mettiamo poi tutti a spingere mentre KB innesta la retro. Dopo alcuni tentativi finalmente riesce ad uscirne e festeggiamo l’ottimo lavoro in team. Purtroppo però il sole è tramontato e dobbiamo tornare alle nostre tende. Proprio quando eravamo vicini. Appena risaliamo sulla jeep per rientrare ecco che si vede del movimento sotto dei cespugli. Sono loro, ci vedono e scappano. Era troppo buio e nessuno di noi è riuscito a fotografarli: che peccato.
Rientriamo al campsite soddisfatti degli incontri fatti e di come siamo riusciti a toglierci da un brutto impiccio. La vettura purtroppo è danneggiata, il 4x4 non si innesta più. Siamo preoccupati sul prosieguo del nostro giro in quando il giorno dopo avremo dovuto lasciare il campsite per dirigerci al Chobe dove avremmo incontrato molta sabbia. Nessun problema, KB, insieme a Kenny e altre guide presenti nel campsite si mettono a lavorare mentre noi ceniamo. Nel frattempo avevo acceso il telefono satellitare nel caso in cui avessimo dovuto contattare la corrispondente per farci mandare un’altra vettura da Kasane. Dopo un paio d’ore arriva KB e ci dice che era tutto ok, la vettura è sistemata, come nuova. Festeggiamo con abbondanti bicchieri di vino prima di andare a dormire.
- 28/04
Ci svegliamo e sistemiamo le tende e scopriamo contrariati che le termiti ci stavano mangiando il fondo delle tende. Piccoli fori tondi circondanti da una bavetta bianca. Avevamo spruzzato il Biokill sul bordo delle tende ma non sotto il pavimento. Occhio quindi, spruzzate tutto il fondo delle tende, compreso il telo da sistemare sotto la tenda se lo avete: si mangiano tutto.
Dopo aver smontato il campo e sistemato i bagagli partiamo con l’ennesimo gamedrive che ci porterà all’uscita del Savuti ma non prima di essere andati a vedere la collina dei baobab. Non molto distante da dove campeggiavamo c’è una collinetta sulla quale crescono decine di baobab uno attaccato all’altro. Sono tutti rigogliosi e possenti. Io li avevo sempre visti spogli. Ci fermiamo a fare una quantità indicibile di foto; il posto è magico e l’atmosfera che si respira pure.
Abbandoniamo il Savuti avvistando un numeroso branco di leoni che però si è tenuto molto distante da noi e non era possibile raggiungerli; abbiamo visto anche alcune leonesse coi cuccioli e i primi esemplari di bufalo.
Ci dispiace abbandonare il Savuti, è un luogo magico ma ci aspetta l’ultimo dei lunghi trasferimenti per raggiungere il parco nazionale del Chobe. Ci dirigiamo verso nord tanto da sfiorare il confine con la Namibia. Sul cassone della jeep regna il silenzio, siamo tutti molto stanchi. Ci fermiamo solo per pranzare proprio alla fine della pista sabbiosa. Rientriamo nella civiltà per qualche ora, ci prendiamo delle patatine, cocacola e qualche birra fresca e, visto che lo avevamo finito, tre bottiglie di vino. La nostra presenza nella civiltà non dura molto. Appena qualche chilometro di asfalto per poi tornare sulla pista sabbiosa che ci porta al gate sud del parco del Chobe. Il fiume Chobe, che da il nome al parco, funge da confine naturale tra il Botswana a sud e la Namibia a nord. Percorrendo le piste lungo le rive del fiume vediamo un quantitativo impressionante di animali. L’acqua qui non manca e non è fangosa come quella delle pozze degli altri parchi. Comunità di centinaia di babbuini si spostano lungo il fiume sotto l’occhio vigile di una leonessa intenta a riposarsi all’ombra di un albero. Mandrie di bufali pascolano brucando la tenera erba che ricopre le rive del fiume. Coccodrilli e ippopotami si contendono il territorio mentre un gruppo di struzzi fa la sua apparizione proprio accanto a degli enormi avvoltoi. La luce del tramonto trasforma il paesaggio in un quadro magico, vediamo anche un piccolo di bufalo morto a lato di una pista. E’ ancora integro, evidentemente deve aver fatto un incidente con una jeep. Chissà se domani lo troveremo ancora qui, KB ci dice che forse avremo l’occasione di vedere le iene banchettare il mattino dopo. Montiamo le tende su un terreno di sabbia rossa e pieno di formiche lunghe fino a due centimetri. Il Biokill è ancora efficace e le formiche stanno alla larga dalle nostre tende. Per un’ultima volta ceniamo nel bush cucinando due risotti usando le buste della knorr. Un primo giro è risotto ai funghi, il secondo è agli asparagi. Non ne avanziamo nemmeno un chicco, sono venuti benissimo.
Come tutte le notti ci addormentiamo tra i ruggiti dei leoni in lontananza e i barriti degli elefanti poco lontani da noi.
- 29/04
Sveglia come di consueto alle 5:45, smontiamo le tende, facciamo una rapidissima colazione e facciamo l’ennesimo e ultimo gamedrive. Il parco del Chobe è molto diverso rispetto a tutti gli altri. Ci sono molti più animali che sono però tutti concentrati lungo le rive del fiume. Fa strano vedere da questa parte del fiume mandrie di bufali, elefanti e gazzelle; mentre nella parte namibiana del fiume pascolano mandrie di mucche mentre i pescatori sono intenti a procurarsi il cibo con rudimentali canne da pesca. E’ un paradosso. Se un leone attraversa il fiume viene immediatamente ucciso in quanto in Namibia la caccia è consentita. Lo stesso vale per gli ippopotami e per tutti gli altri animali. Oltrepassare un confine così sottile può costare la vita a degli animali così belli. Lungo la pista notiamo che del piccolo di bufalo non rimane traccia, solo chiazze di sangue rappreso sull’erba. Durante la notte le iene si sono mangiate tutto.
Ci fermiamo a mangiare poco prima di effettuare la crociera sul fiume Chobe ma prima montiamo le tende al Big Five Chobe Lodge di Kasane. Un campsite attrezzato e dotato di tutti i comfort, compreso un ottimo ristorante. Se per 6 giorni siamo rimasti lontani dalla civiltà è bastato un attimo per riattivare i nostri smartphone e collegarci alla wifi. Devo dire che ho risentito le voci famigliari con una certa emozione. Non siamo più abituati a stare “scollegati”.
Mentre pranziamo Kenny va a lavare la vettura di backup che dobbiamo riconsegnare all’ufficio Hertz. Appena l’auto è lavata KB, Kenny, il cassiere ed io ci rechiamo all’ufficio Hertz all’aeroporto di Kasane non prima però di aver fatto il pieno di gasolio alla Hilux. Come da accordi la vettura deve essere riconsegnata lavata e col pieno di carburante. Mentre consegniamo la vettura chiediamo il rimborso dell’olio che abbiamo dovuto acquistare qualche giorno prima. Purtroppo però il cassiere ha smarrito la ricevuta e non abbiamo potuto avere il rimborso. Poco male, per scusarsi ci offrirà delle birre a cena.
- Verso le 15 ci rechiamo al molo per prendere la nostra imbarcazione e abbiamo fortuna: al posto del barcone turistico ci viene assegnata una piccola lancia da 10 posti. Il punto di osservazione è privilegiato. Possiamo avvicinare coccodrilli ed elefanti posando la prua della barca sul terreno della piccola isola in mezzo al fiume. Su di essa cresce l’erba più tenera e branchi di elefanti e mandrie di bufali si contendono il posto migliore. E’ uno spettacolo vedere come gli elefanti puliscano l’erba appena sradicata sbattendola con forza nell’acqua a destra e a sinistra per togliere la terra. I piccoli di elefante giocane spruzzandosi l’acqua addosso. In un punto dell’isola abbiamo fatto una foto splendida: in una decina di metri quadri ci stavano ippopotami, elefanti ed un bufalo: tre big 5 in una foto sola. Che figata. Riusciamo anche a vedere un grosso coccodrillo di quasi cinque metri a distanza di un paio di metri. Rientriamo fermandoci ad ammirare il tramonto col sole che scende dietro all’orizzonte namibiano. Emozionati come non mai rientriamo al nostro campsite, doccia e ci prepariamo a gustare una buona cena al ristorante. Non si è mangiato male ed è risultato tutto sommato abbastanza economico. Si vede che siamo ad inizio stagione, al ristorante eravamo solo noi e una coppia di germanici. Prima di andare a dormire colleghiamo tutte le nostre cianfrusaglie elettroniche alle prese di corrente e rimaniamo seduti un’ultima sera con KB e Kenny.
- 30/04
Ci svegliamo sempre per le 5:45, chiudiamo le tende per un’ultima volta, salutiamo a malincuore KB e Kenny che ripartono per Maun ringraziandoli per i momenti trascorsi insieme. Diamo loro una mancia di 100 USD a KB e 30 USD a Kenny usando la cassa comune. Di mia iniziativa ho poi dato altri 10 USD a Kenny e 30 USD a KB che è stato davvero la marcia in più per il nostro viaggio. Consiglio a tutti di chiedere alla corrispondente di avere lui come guida.
Scendono le prime lacrime in quanto abbiamo condiviso dei momenti incredibili.
Non facciamo però nemmeno in tempo a renderci conto di cosa sta succedendo che alle 7 puntuale arriva l’autista mandato dal corrispondente dello Zimbabwe direttamente da Victoria Falls. Carichiamo i bagagli sul bus e ci dirigiamo alla frontiera con lo Zimbabwe. E’ importante essere alla frontiera i più presto possibile in quanto la burocrazia per il visto è eterna. Noi eravamo i primi e ci abbiamo messo quasi un’ora. Poco dopo che siamo arrivati noi è arrivato un pullman di germanici, saranno stati una ventina. Dopo di loro altri pullman. Morale, se arrivate tardi rischiate di trascorrere mezza giornata alla frontiera.
L’uscita dal Botswana è rapida ed indolore. Si consegnano i passaporti, vengono timbrati e tanti saluti.
E’ per entrare nello Zimbabwe che si consuma la tragedia.
Come prima cosa vanno compilati dei moduli per i visti che ci vengono forniti da un addetto al confine. Una volta compilati vanno consegnati insieme ai passaporti ad un secondo operatore che ci chiederà di pagare il visto. Si fa più velocemente se i passaporti vengono consegnati insieme e si paga in un’unica soluzione.
Una volta pagati i visti allora un terzo addetto si mette a compilare a mano il visto che poi verrà applicato al passaporto mentre il secondo addetto compilerà sempre a mano una ricevuta di pagamento. Bene, sembra facile, ma la lentezza di queste operazioni è a dir poco esasperante.
Sbrigate le pratiche siamo in Zimbabwe, il tragitto verso Victoria Falls è di circa 70Km e lo percorriamo in meno di un’ora.
Arriviamo al Victoria Falls Rest Camp dove ci accoglie il corrispondente che ha un ufficio proprio dentro uno dei Bungalow. Sbrighiamo tutte le formalità pagando: il trasporto da Kasane e per l’aeroporto all’indomani, gli alloggi (23 USD a testa TLF) e, per chi vuole, il giro in elicottero che dura 15 minuti al fronte di 165 USD a testa di spesa. Ne vale la pena? Beh, si, tutta la vita!
Ci viene dato inizialmente un bungalow di appoggio dove sistemare i bagagli. Subito dopo facciamo colazione in un bar subito fuori dal Rest Camp e poi ci rechiamo all’ingresso del parco delle cascate.
L’ingresso costa 30 USD a testa e il parco lo si visita tutto in un paio d’ore.
Consiste in un sentiero panoramico che si affaccia sul fronte delle cascate che precipitano nello stato dello Zambia. La portata dell’acqua in questa stagione è enorme e in alcuni punti si viene letteralmente sommersi dalla pioggia dell’acqua nebulizzata che ricade sulle nostre teste. Meglio andare preparati con un guscio anti pioggia e se non avete le macchine fotografiche tropicalizzate cercate di proteggerle nel migliore dei modi, è come finire sotto una doccia vestiti. Siete avvisati. Il ruggito delle cascate mette paura, non ho mai visto una cosa simile. Uno dei primi punti di osservazione permette di vedere in lungo la spaccatura del terreno ma purtroppo la portata dell’acqua è talmente elevata che non si riesce a vedere l’interno della gola.
La famosa Devils Pool dalla parte dello Zambia non è praticabile, troppa acqua e troppo pericoloso. A metà strada ci si affaccia sul punto panoramico più bello, il fronte della cascata è immenso e venire travolti dalla pioggia che risale dal profondo della gola è un sollievo visto le alte temperature. Decine di arcobaleni si formano e si spostano rapidamente, è uno spettacolo incredibile.
Arrivati in fondo al sentiero si vede il ponte della ferrovia che unisce i due Paesi passando sopra la profonda gola del fiume Zambesi. Da lì si lanciano quelli che fanno bungee jumping. Sempre lì vicino è possibile lasciarsi andare al brivido della zipline che corre lungo il lato dello Zimbabwe.
Uscendo dal parco ritorniamo al campsite. E’ il momento del giro in elicottero. Ci vengono a prendere con una macchina che ci porterà al vicino eliporto e che poi ci riporterà al campsite.
Inizialmente ero convinto che lo si facesse su uno dei tanti elicotteroni turistici super accessoriati. Invece lo faremo a bordo di un piccolo elicottero a pistoni e a quattro posti.
Dopo un breve briefing e pesatura attendiamo impazienti di salire sull’elicottero. Su nove partecipanti lo facciamo in cinque e sinceramente, dal mio punto di vista, vale tutti i soldi spesi; anche per chi, come me, ha già fatto diversi voli in elicottero tra dolomiti, New York, Grand Canyon ecc.
Il piccolo elicottero ha delle enormi superfici trasparenti per godere appieno del panorama, molto meglio rispetto ai piccoli oblò degli elicotteri biturbina a sei posti. Ho la “fortuna” di essere il più pesante del mio gruppo e mi fanno sedere accanto al pilota. Il piccolo elicottero si stacca da terra senza difficoltà e già dopo una manciata di secondi possiamo vedere il nostro obiettivo. Sopra la lunga spaccatura del fronte della cascata si generano delle correnti molto forti che il nostro elicotterino trasmette ai passeggeri, la vista toglie il fiato e le poderose virate sulle cascate sono una gioia. Purtroppo la giostra dura davvero troppo poco. Anche i più dubbiosi diranno: “Ma che figata, rifacciamolo!!!”.
Rientriamo al campsite dove gli altri ragazzi ci aspettavano e nel mentre avevano sia preso le stanze che prenotato la cena della sera. Abbiamo tutti optato per il buffet di carne locale: impala, kudu, coccodrillo e facocero.
Utilizziamo il resto del pomeriggio per fare dello shopping anche se a dire la verità non ho visto cose molto interessanti dal punto di vista di artigianato locale. Mi sembravano tutte cineserie, tanto che ho pensato di acquistare solo un paio di t-shirt.
La sera siamo a cena (25 USD a testa, pensavo di più) e ci gustiamo il buffet che ci serve un’ottima carne, ben cucinata e ben condita. Vince a mani basse lo spezzatino di kudu, seguito a ruota dal facocero, dal coccodrillo e dall’impala. Tutto buonissimo anche se speravo di poter riassaggiare la carne di Orice che dal mio punto di vista non ha rivali in Africa.
Siamo molto stanchi e dopo una doccia rilassante ce ne andiamo a dormire.
Domani mattina si torna a casa.
- 01/05
Abbiamo tempo per una colazione (non compresa) al ristorante e per fare l’ultimo giretto di shopping.
Alle 10:00 puntuale arriva il bus a prelevarci per portarci al vicino aeroporto nuovo di zecca. Le procedure sono velocissime in quanto partono solo due voli e noi siamo i primi. Il terminal è di recentissima costruzione ed è ben strutturato.
Imbarchiamo puntuali e ci ritroviamo a Johannesburg dove avremo ben cinque ore di scalo. Il bagaglio va direttamente a destinazione e dobbiamo preoccuparci solo di fare un internal check-in durante il transito. Peccato che l’unica macchinetta per il check-in online sia impazzita dopo aver stampato la prima carta d’imbarco. Abbiamo provato a spegnerla e riaccenderla ma senza risultato. Alla fine sono venuti a sistemarla ma nel frattempo aveva aperto il banco per il chek-in. Praticamente abbiamo perso quasi due ore in quel corridoio e in quella sala (mi era successa la stessa cosa quando ero andato in Namibia). Check-in fatto ci ritroviamo con i due partecipanti che avevano un volo diverso per Johannesburg. Il volo per Roma parte puntuale e si vola ancora di notte.
- 02/05
Atterriamo a Roma puntuali e ci salutiamo con chi non prosegue per Milano. Una persona si ferma a Roma, in quattro partono per Milano, due per Venezia e una per Genova mentre con un’altra partecipante ci siamo salutati a Johannesburg in quanto aveva un volo diverso dal nostro.
Arriviamo a Milano e i nostri bagagli non arrivano, così come non è arrivato il bagaglio del partecipante di Genova. Tutti gli altri sono arrivati. Poco male, li rintracciano a Parigi. Non si sa per quale motivo li hanno imbarcati su un volo diverso. Ci verranno consegnati qualche giorno dopo a casa.
Termina così un viaggio indimenticabile, un’esperienza intensa e profonda che mette alla prova il gruppo.
La scomodità del viaggio e la fatica di dover stare tante ore col culo sulla jeep vengono ripagati da uno spettacolo unico al mondo. Un safari come quello del Botswana è assolutamente imbattibile. Insieme alla Namibia causa quello che tutti conoscono come “il mal d’Africa”.