Perù 2017

Impero Inca

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Finalmente Sud America

Secondo la teoria che i continenti sono sette, divisi sia a livello geografico che di storia e cultura, posso affermare che me ne mancano due all'appello: Oceania ed Antartide.

Penso che sull'ultimo sarà dura mettervi piede, mentre sono fiducioso per l'Oceania.

Tutto sto preambolo per quale scopo? Semplice, per annunciare al mondo che sono finalmente andato in Sud America. Ero indeciso se prendermi due settimane per visitare il solo Perù oppure prendermene tre ed aggiungere Bolivia e un pezzetto di Cile (deserto dell'Atacama). Alla fine ho optato per 17 giorni da dedicare al solo Perù, penso che tra Cile e Bolivia ce ne vogliano almeno altrettanti.

Sono anni che il Perù mi solletica ma per un motivo o per l'altro ho sempre rimandato a data da destinarsi. È stato grazie all'appello di una giovane viaggiatrice genovese che mi sono finalmente deciso; mi spiego meglio.

Era circa fine marzo 2017, stavo organizzando il viaggio che a breve mi avrebbe portato in Giappone, quando ho visto che sulla pagina di Avventure Nel Mondo erano appena state pubblicate le date per il Perù. Ho chiesto l'assegnazione del viaggio e nel giro di 10 giorni me lo sono visto assegnare; dovevo ancora partire per il Giappone e avevo già il Perù in programma. Ero felice come un bambino che festeggia il Natale due volte.

Dopo essere tornato dal giappone mi sono preso una settimana di pausa prima di mettermi ad organizzare il viaggio in Perù. Con stupore il gruppo era quasi al completo e cominciavano ad arrivarmi le prime telefonate da ragazzi che avrebbero voluto unirsi.

Visto che il viaggio mi era stato assegnato con grande anticipo non ho voluto sprecare questa apportunità e mi sono immediatamente messo sotto con l'organizzazione. Dalla mia ho avuto anche la fortuna di avere un piano voli incredibilmente valido per cui potevo gestirmi i giorni con molta comodità.

Questo è il quarto viaggio che coordino nell'arco di un solo anno solare; in molti mi hanno detto che sono più in viaggio che a casa, non sono d'accordo, se potessi viaggerei ancora di più.

Ci sono tre posti in particolare in questo viaggio che mi attraggono e che voglio assolutamente visitare. Il primo, e vorrei ben vedere, è la cittadella Inca di Machu Picchu che scoprirò poi aver sempre sbagliato a pronunciare. Per chi conosce il tesco è più facile pronunciarlo correttamente; in breve dopo la "Ma" va aggiunta la ch "alla tedesca" e poi la "ciu" italiana per cui il risultato è, sillabando, "Mach-ciu Pich-ciu".

Ci metto poi il volo sulle misteriose linee di Nazca.

Il terzo luogo è la montagna colorata, Vinicunca per gli abitanti della regione di Cusco (o Cuzco), Rainbow Mountain per tutto il resto del mondo. Machu Picchu la conoscono tutti, la Rainbow Mountain è sconosciuta ai più. Si tratta di un monte, situato vicino al ghiacciaio Ausangate nella regione di Cusco, a 5200 metri s.l.m. (sul livello del mare). La particolarità di questo posto è il colore arcobaleno delle rocce sedimentarie che formano questa montagna, una formazione geologica unica al mondo.

rainbowmountain

Fino ad una ventina di anni fa, la montagna Vinicunca, meglio conosciuta come "Montaña de siete colores", era completamente coperta dai ghiacci. Il riscaldamento terrestre ha fatto si che i ghiacci si ritirassero scoprendo questa meraviglia che è diventata famosa solo da un paio d'anni, dopo che il National Geographic l'ha inserita nei 100 luoghi da visitare prima di morire, non posso che essere d'accordo.

A fine maggio avevo giá organizzato quasi tutto, compresa l'escursione di un giorno alla Rainbow Mountain. Saremmo partiti il 30 luglio per tornare il 15 agosto.

Chiunque sia stato in questo Paese me ne ha parlato benissimo per cui le mie aspettative erano davvero altissime. Il mio unico timore era l'alta quota.

Ad essere sincero il timore era focalizzato su tre punti in particolare: il Paso de Patapampa a 4910 metri, il trekk al monte Pachatata sull'isola di Amantanì a 4200 metri e la Rainbow Mountain a 5200 metri. Di contro l'itinerario è studiato per permettere un acclimatamento graduale salendo di quota giorno dopo giorno e il viaggio risulta fattibile anche per chi non è avvezzo alla montagna.

Il gruppo si è chiuso verso metà giugno, il piano voli è stato confermato, i dettagli con i corrispondenti sono stati chiariti, bisogna solo aspettare la data della partenza.

Per la quarta volta in meno di un anno la mia ormai vetusta carretta mi accompagnerà fino a Malpensa e verrà parcheggiata per un paio di settimane nelle mani di Park To Fly (clicca). Da quando non uso più l'economy in favore del "comfort" mi trovo decisamente meglio.

Il tempo trascorre veloce, al lavoro sono impegnatissimo con un progetto che dovrà vedere la luce prima della mia partenza. La presentazione verrà fatta dai colleghi il giorno dopo la mia partenza e, come previsto, tutto è andato al meglio, per cui parto sereno.

Temendo il bollino nero del traffico, parto con grande anticipo, trovo però autostrade completamente deserte e arrivo a Malpensa tre ore prima del previsto, poco male, pranzo con calma e attendo i primi partecipanti. Da Milano parto da solo, accompagnato da sette ragazze, beato tra le donne. Gli altri otto partecipanti li incontriamo a Madrid, tra di loro ci sono due conoscenze del precedente viaggio in Giappone che mi fa davvero tantissimo piacere rivedere.

La compagnia con cui voliamo è la tanto discussa Air Europe, una delle poche rimaste a fare la tratta per Lima. Anche qui, la fortuna è stata dalla nostra; il voli Madrid-Lima e Lima-Madrid erano dei nuovissimi 787-800 Dreamliner: spaziosi, confortevoli e con un buon reparto multimediale, anche se la scelta dei films non era poi chissà quanto grande, sufficiente però a coprire sia le 11 ore di andata che quelle del rirorno.

Partendo la sera, abbiamo volato tutta la notte per atterrare a Lima alle 4:30 del mattino, ora locale; per questo motivo non ho fatto molta fatica a dormire, cosa che solitamente mi riesce abbastanza difficile.

Inizia da Lima il nostro viaggio itinerante di un paio di settimane, le aspettative sono molte, i ragazzi sono carichi e motivati, sembra un gruppo valido ed affiatato fin da subito, ci sono tutti i presupposti per un viaggio fantastico.

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La capitale

Lima è una città molto grande, conta più di nove milioni di abitanti ed è la città più popolata del Perù. È contemporaneamente centro culturale, industriale e finanziario dell'intero stato.

Nonostante si trovi poco più a sud dell'equatore e sia praticamente a livello del mare il suo clima è singolare. Anche se si trova in una zona tropicale, la costa peruviana è molto più fredda rispetto a quello che ci si aspetta; questo è dovuto alla corrente antartica che bagna le coste raffreddando la temperatura dell'oceano. L'acqua fredda si scontra con l'aria riscaldata dal sole generando un'inversione termica che impedisce il fenomeno della convezione. Per questo il clima di Lima è praticamente desertico nonostante il forte tasso di umidità; non piove praticamente mai e le temperature variano di pochissimo la loro media durante l'arco dell'anno.

Dall'aeroporto siamo andati in un Hotel situato vicino a Plaza de Armas, lo abbiamo usato solo come appoggio per i bagagli e un bagno. Non abbiamo previsto di fermarci a Lima in quanto, lasciatemelo dire, non c'è molto da vedere. Museo antropologico a parte che non siamo riusici a visitare in qanto di lunedì il museo è chiuso, rimangono Plaza de Armas con il cambio della guardia; non siamo riusciti a vedere nemmeno quello perchè c'era una manifestazione degli insegnanti e la piazza era chiusa al pubblico per motivi di sicurezza. Abbiamo quindi fatto due passi per il piccolo centro notando una cosa molto singolare: i quartieri dello shopping sono tematici. C'é il quartiere che vende statuette a carattere religioso, quello che vende vestiti, quello che vende cibo e soprattutto quello che vende occhiali; ecco, quello che vende occhiali è molto singolare. In cinquecento metri di via trovi una cosa come quaranta negozi che vendono occhiali, ma tutti uguali, la cosa è abbastanza inquitenate. Non un bar, non un esercizio che vendesse un articolo che non fossero occhiali in tutto il quartiere.

La città è abbastanza decadente ma non ha esercitato il fascino che hanno avuto altre città di questo genere vedi Amman in Giordania, Fez in Marocco, Phnom Pehn in Cambogia oppure la più vicina Palermo. Ammetto di esserci stato davvero pochissimo e non posso quindi dare un giudizio esaustivo però non mi è piaciuta.

lima

L'unico posto che, a mio parere, merita una visita è il mercato centrale, è caratteristico e si può mangiare un piatto di pollo con le verdure davvero eccellente.

Un'altra cosa che mi ha incuriosito è stato il money change. In tutte le città del mondo che ho girato, il cambio lo si può fare nelle banche, nei vari money change dedicati, in alcuni negozi che espongono l'insegna "money change". Per strada non mi è mai capitato prima. Nel centro di Lima si aggirano persone con una casacca tipo lavori in corso, spesso scortati da agenti di polizia, che cambiano Dollari ed Euro in moneta locale in mezzo alla strada; tra l'altro sono quelli che offrono il tasso di cambio migliore. Mi avevano detto che preferivano cambiare i Dollari; forse qualche tempo fa, ora preferiscono cambiare gli Euro, dicono essere una moneta più stabile.

La visita al centro di Lima non dura molto, ci spostiamo a Miraflores il primo pomeriggio e visto che siamo nei paraggi passiamo per il quartiere di Barranco che, aihmè, di giorno non offre molto essendo quartiere di vita notturna, pieno di locali e case eleganti.

La passeggiata di Miraflores è carina, una terrazza sull'oceano con sculture e graffiti; dalle collinette che la sovrastano partono decine parapendii; sicuramente lo scorcio più carino di Lima.

Il sole sta calando e diventa freddo velocemente. Si passa dai 25° del primo pomeriggio ai 15° della sera. Da Barranco prendiamo il pullmino che ci accompagnerà nel lungo tragitto fino ad Arequipa, passando per Paracas e per Nazca.

Uscendo dalla Capitale ci immettiamo sulla Panamericana Sur, un lungo sistema stradale che percorre tutta la costa pacifica del continente americano. La parte Sur (sud) inizia proprio da Lima e arriva fino ad Ushuaia in Patagonia.

Arriviamo a Paracas dove sostiamo per la notte.


Il mistero dei geoglifi

Paracas è un paesetto sulla costa, non ha nulla da offrire se non una comoda partenza dal molo per le Isole Ballestas che non abbiamo visitato.

Utilizzare una mattinata per prendere una barchetta in balia delle alte onde del Pacifico, per raggiungere dei faraglioni pieni di cormorani il cui sport preferito è: "cagare sul turista", beh... anche no.

Preferiamo andare direttamente alla vicina oasi di Huacachina per divertirci sulle Dune Buggy e fare un pochino di Sand Boarding. L'oasi è davvero un'oasi, con tanto di acqua, palme e dune di sabbia, un deserto di sabbia in piena regola alle porte di Ica, una città a sud-est di Pisco, a sua volta famosa solo per il Pisco Sour, un cocktail a base di pisco, un'acquavite peruviana ricavata dalla distillazione di vino bianco e rosato.

La mattinata parte quindi alla grande sulle Dune Buggy guidate dagli spericolati ragazzi dell'oasi; montagne russe nel deserto praticamente, uno spasso. La carica di adrenalina viene spezzata da una sosta sulla duna più alta, ammiriamo lo stupendo paesaggio desertico e poi ci lanciamo dalla duna su delle tavole simili a quelle da snowboard ma totalmente scassate e ingrassate per l'occasione.

Questa è la prima vera occasione di "team building" e funziona alla grande.

Ci spostiamo verso Nazca ed arriviamo al piccolo aeroporto nel primo pomeriggio. Il meteo è clemente e l'agenzia a cui ci appoggiamo, la Movil Air, si prodiga per farci volare tutti nel più breve tempo possibile. Avevamo già prenotato il volo, ma da quello che ho letto e che mi hanno confermato alcuni turisti presenti, non brillano per puntualità ed efficienza.

Fortunatamente non è il nostro caso e risuciamo a volare tutti in tempi brevissimi.

Il volo sulle linee di Nazca era una delle tre cose "fondamentali" del viaggio.

Per chi non lo sapesse, le linee di Nazca sono dei geoglifi, linee tracciate sul terreno, del deserto di Nazca, un altipiano arido che si estende per circa ottanta chilometri quadrati tra le città di Nazca e Palpa. Citando Wikipedia: le oltre 13.000 linee vanno a formare più di 800 disegni, che includono profili stilizzati di animali comuni nell'area (la balena, il pappagallo, la lucertola lunga più di 180 metri, il colibrì, il condor e l'enorme ragno lungo circa 45 metri). Per vedere questi disegni è necessario sorvolarli.

nazca

Tutt'oggi non si conosce il motivo di questi disegni. L'origine si pensa risalire durante la fioritura della civiltà Nazca tra il 300 e il 500 d.C. da parte della popolazione che abitava la zona.

Le linee sono tracciate rimuovendo le scure pietre contenti ossidi di ferro dalla superficie del deserto mettendo a nudo il chiaro terreno sottostante. La zona non è ventosa ed il clima è pittosto stabile per cui i disegni giganti sono rimasti intatti per centinaia di anni.

Molti studi sono stati fatti a riguardo. Alcuni pensano si tratti di un calendario astronomico, altri sostengono la teoria dei canali di irrigazione, altri che si tratti di un antico luogo di culto e ovviamente c'è chi sostiene che sia zona di atterraggio per astronavi aliene.

Come sono stati disegnati con quella cura certosina, disegni lunghi centinaia di metri? Recenti studi sostengono che in primo luogo stati creati i disegni in scala ridotta che vennero ingranditi successivamente tramite un reticolato di corde lunghi chilometri; più o meno usando un sistema analogo a quello utilizzato da Gutzon Borglum, l'artista che scolpì i volti dei Presidenti sul monte Rushmore. Questa ipotesi è avvalorata dai reperti archeologici rinvenuti nella zona.

flotaactuaIl volo avviene a bordo di aerei Cessna Grand Caravan da 12 posti (2 di equipaggio e 10 passeggeri). Per poter vedere bene i disegni, il pilota inclina il velivolo con l'ala che punta il disegno iniziando una virata circolare sopra le linee. Ripete la stessa cosa in senso inverso per permettere anche ai passeggeri seduti dall'altra parte di vedere le linee. Il piccolo velivolo risente molto del cambio delle correnti per cui il volo può risultare "indigesto" per alcuni.

Un paio di persone del nostro gruppo non sono state benissimo durante il volo, ma fortunatamente il malessere passa non appena si riappoggiano i piedi a terra.

Avendo ancora parecchio tempo a disposizione avremmo voluto visitare l'acquedotto Cantayo ma ci avevano detto che era troppo tardi; abbiamo quindi ripiegato sul cimitero di Chauchilla.

Si tratta di una necropoli risalente a circa 1000 anni fa, saccheggiata ripetutamente nel tempo e solo recentemente restaurata ed aperta al pubblico. La parte più interessante del sito consiste in una dozzina di tombe restaurate dove si possono osservare i resti delle mummie e la caratteristica sepoltura. Sono conservate a cielo aperto nelle loro posizioni originali; grazie al clima arido del deserto le mummie sono in ottimo stato di conservazione.

chauchilla

Il nostro giro a Nazca si conclude con una buona cena in un ristorante nel centro della piccola cittadina che non ha assolutamente nulla da offrire, se non un giretto nella centralissima Plaza de Armas.

Ogni fottuto centro abitato del Perù ha una piazza centrale che si chiama Plaza de Armas, provare per credere.


La Ciudad Blanca

Arequipa è collegata con Nazca dalla Panamericana Sur che in questo tratto è davvero molto suggestiva.

Centinaia di chilometri verso sud con a destra l'oceano a picco, un centinaio di metri sotto di noi; alla sinistra invece l'imponente cordigliera andina, brulla, ripida, senza vegetazione, solo sassi e sabbia. L'unica cosa che spezza gli equilibiri è appunto il lungo nastro di asfalto malridotto della Panamericana. Nonostante sia la principale via di comunicazione, la Panamericana nel tratto che collega Nazca ad Arequipa, è una singola carreggiata con doppio senso di marcia, poco più di una strada provinciale. Due settimane prima del nostro arrivo c'è stato un forte terremoto di magnitudo 6.1 sulla costa pacifica, a metà strada tra Nazca ed Arequipa; un pezzo di montagna è crollato portandosi nell'oceano parte della Panamericana. I lavori di restauro sono iniziati subito ma quando siamo passati noi non erano ancora terminati. Tra una cosa e l'altra il nostro trasferimento in pullman è durato circa 14 interminabili ore.

La parte costiera della strada offre dei panorami mozzafiato, ma osservando bene la geografia del luogo mi sembra strano come in una zona a forte rischio sismico come questa non ci siano nè opere paramassi nè altre opere di prevenzione crolli. Si tratta per lo più di ripide pareti di roccia ricoperta di sabbia sulla quale poggiano enormi macigni pronti a ruzzolare nell'oceano al minimo movimento.

Arequipa è una bellissima città coloniale, la seconda del Perù per popolazione dopo Lima. Si trova a circa 2300 metri s.l.m. ed è soprannominata "La ciudad blanca", la città bianca, dal colore della pietra con cui sono stati costruiti i principali edifici del suo centro storico che nel 2000 è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

Arriviamo che il sole è già tramontato, ci sistemiamo in albergo e andiamo alla prima di una serie di cene gourmet. Il ristorante si chiama Zingaro, in pieno centro storico. Abbiamo assaggiato per la prima volta il filetto di alpaca e il cuy, piatto tipico peruviano. Il cuy è il porcellino d'india o più semplicemente la "cavia domestica". La quinoa è ingrediente usatissimo per delle ottime insalate e zuppe; il filetto di alpaca (se al sangue) è una carne morbidissima e molto gustosa mentre il cuy non ci è piaciuto granchè; c'è pochissima carne e molta pelle, il sapore è simile al coniglio. Può essere usato come animaletto da compagnia anche "dopo" averlo cucinato.

La città è abbastanza movimentata anche di notte, ci sono diversi locali dove si può ascoltare musica dal vivo e ci sono anche alcune discoteche per lo più frequentate da turisti.

Dedichiamo alla visita di Arequipa un intera giornata e ci affidiamo al tour proposto dalla guida del National Geographic. Dopo essere passati dalla inevitabile Plaza de Armas visitiamo la Iglesia de la Compañia col suo patio, la terrazza e la cupola finemente affrescata. Segue poi la visita alla Iglesia de Santo Domingo e la visitia guidata alla chiesa dedicata a Santa Cateria da Siena.

Degno di menzione e assolutamente da vedere è il Museo Andino dove si trovano i resti perfettamente conservati della mummia inca Juanita, una ragazzina sacrificata sul monte Ampato nel periodo tra il 1440 e il 1450 d.C..

L'ultima visita la dedichiamo al bellissimo Monasterio de Santa Catalina. La visita ci porta nelle celle del convento delle suore di clausura, ci viene spiegata la vita delle monache attraverso un percorso tra le colorate mura di questa città nella città; spesso nei locali è presente l'arredamento originale. La visita dura un paio d'ore ma ne vale assolutamente la pena.

santacatalina

Alloggiamo anche per la seconda notte all'Hostal Latino, nulla di che ma ha l'acqua calda e una buona colazione. ll giorno dopo partiamo per la zona del Canyon del Colca.


El Condor pasa

Il trasferimento da Arequipa a Chivay ci fa transitare per il Paso de Patapampa a ben 4910mt s.l.m. La strada inizia a salire già a Arequipa e non molla mai. Nonostante siamo comodamente seduti sul pullmino i primi sintomi del "soroche" (male da alta quota) iniziano a lievemente a manifestarsi: sonnolenza, e leggera nausea. Arrivati in cima il piccolo pullmino ci fa scendere in modo da provare la prima vera botta di alta quota. Le gambe sono pesanti e il respiro diventa affannoso solo facendo piccoli sforzi. Il paesaggio è incredibile, il passo di Patampampa si trova su un altipiano a quasi 5000 metri ed è circondato da montagne alte oltre 6000 metri, le cime più alte sono vulcani, molti dei quali in piena attività. Oltre a sentire fortemente la mancanza di ossigeno un forte vento gelido sferza l'altipiano costringendoci a rientrare velocemente nel pullmino. Scendere di quota ci fa bene.

Chivay è una cittadina piccolissima di circa 5000 abitanti situata ad oltre 3600 metri. Non ha nulla da offrire se non il piccolo ma fornitissimo mercatino. Ci sono delle sorgenti calde chiamate "La Calera". Ci siamo andati per rilassarci, non sono nulla di che, la cosa che le contraddistingue sono tre vasche di acqua tiepida poste dall'altra parte del canyon e raggiungibili tramite un ponte fatto di corde e legno che scavalca il fiume sottostante.

Chivay però è in posizione strategica perchè si trova proprio alla fine del Canyon del Colca, il secondo al mondo per profondità dopo il Grand Canyon. L'attrattiva principale del Canyon, oltre ai vari trekk, è il Mirador Cruz del Condor; delle terrazze a picco da cui si possono vedere i Condor iniziare il loro volo.

Dopo un breve trekk di circa una mezzora arriviamo a delle terrazze ancora non popolate di turisti, prendiamo posto e aspettiamo. In questo periodo (pieno inverno) i condor si alzano in volo per le 8 del mattino circa, quando il primo sole scalda le rocce delle pareti del canyon. Inizialmente sono lontanissimi in quanto la base del canyon è circa 1000 metri sotto i nostri piedi. Dopo circa un'ora le correnti termiche ascensionali si intensificano e questi rapaci salgono rapidamente di quota arrivando a planare fino a pochi metri da noi. È uno spettacolo incredibile; li avevo visti in cattività, li avevo pure visti volare da vicino, ma non ne avevo mai visti così tanti tutti insieme e soprattutto li sto vedendo nel loro ambiente naturale.

condor

Verso le 9:30 del mattino i condor lasciano il canyon dopo averci offerto uno spettacolo indimenticabile. Volavano quasi incuriositi dalla piccola folla e sembrava che alcune evoluzioni le eseguissero per far contento il pubblico in momenti di puro esibizionismo.

Lasciamo il canyon e ci dirigiamo verso il lago Titicaca passando nuovamente per il Paso de Patapampa. Ci fermiamo a mangiare dei panini buonissimi in un piccolo rifugio ai piedi del passo, a circa 4300 metri. Il sole picchia come un fabbro perchè mancano diversi chilometri di atmosfera che fa da filtro e allo stesso tempo il clima secco e ventilato rende il caldo sopportabile, il rischio però di una forte insolazione è altissimo; per cui: copricapo di alpaca sempre in testa, crme solari protezione 50 e via andare.


Al confine con la Bolivia

Il Titicaca è il lago navigabile più alto al mondo e si trova a circa 3800 metri s.l.m.

Dopo un lungo trasferimento da Chivay sostiamo a Puno, una piccola città portuale che funge da principale porto sul lago dalla parte peruviana. Anche Puno non ha molto da offire se non una passeggiata lungo Calle Lima fino ad arrivare, guarda un pò, a Plaza de Armas. Sarà, però è a Puno che faremo una delle migliori cene presso il ristorante Mojsa (clicca), devvero eccellente.

Il mattino seguente ci imbarchiamo per un tour che ci porterà inizialmente sull'isola di Taquile e successivamente sull'isola di Amantanì.

Taquile dista circa due ore e mezzo di navigazione da Puno, è un'isoletta molto piccola ma allo stesso tempo molto turistica. A livello storico è una delle ultime posizioni che capitolarono alla dominazione spagnola e attualmente vive di turismo completamente controllato dagli anziani dell'isola che ne mantengono tradizioni e costumi.

Dopo aver pranzato presso una specie di agriturismo con vista panoramica, scendiamo nuovamente al porto per la prossima meta che è l'isola di Amantanì.

Amantanì è un pò più grande di Taquile ma meno turistica; al nostro arrivo non troviamo la coda di persone che abbiamo trovato a Taquile. Veniamo ospitati a gruppi di quattro presso le abitazioni delle famiglie che ancora vivono sull'isola. Anche loro ormai non vivono più tanto di agricoltura e allevamento ma di turismo. Il costo del pernottamento che comprende anche cena e colazione è davvero irrisorio 50 PEN (Soles) a testa che al cambio attuale sono circa 13€. Per aiutare queste famiglie abbiamo donato loro sia beni di prima necessità come farina e riso ma anche soprattutto medicinali da banco: aspirine, tachipirine, analgesici ed antidolorifici. Se il costo medio della vita è bassissimo, il costo di certi farmaci è mediamente superiore a quello italiano.

Prima di cena però facciamo un breve trekk di meno di un'ora per arrivare sul punto più alto dell'isla: il monte Pachatata. Partenza da 3870mt per un dislivello di circa 210mt per arrivare a 4100mt, il tutto per una distanza di 2,5km. Il sentiero è lastricato ma molto ripido e soprattutto è la prima fatica che facciamo in alta quota.

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Arriviamo sulla vetta giusto per goderci il bellissimo tramonto. Si sale in maniche corte, la temperatura è gradevale ma una volta calato il sole e il vento freddo che tira in cima al monte Pachatata è necessario coprirsi con piumino, berretto e guanti. In cima al monte Pachatata ci sono delle rovine del periodo inca e si vede la seconda vetta dell'isola che è il vicinissimo monte Pachamama, leggermente più basso.

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Ci aspettavamo di più dalla cena con le famiglie. In particolar modo noi non siamo stati particolarmente fortunati. Solo la signora si è seduta con noi a mangiare, il marito e il figlio non si sono visti e la nonna è apparsa solo per salutare.

Altri gruppi hanno invece cenato con tutta la famiglia e sono stati vestiti con abiti tradizionali, noi, nemmeno dirlo, neanche quello. Ci siamo anzi dovuti pure sorbire il mercatino sentendoci in obbligo di comprare qualcosa.

Il giorno seguente abbiamo visitiato un paio di isole dell'arcipelago di Uros, delle isole galleggianti fatte di radici e paglia. Queste isole sono anche mobili; tolti gli ancoraggi che le tengono unite posso spostarsi sul lago e questo ha fatto sì che siano forse le uniche che hanno resistito all'invasione spagnola.

Uno dei capi ci ha spiegato come vengono costruite queste isole e come viene fatta la manutenzione, è stato interessante e conisglio la visita con spiegazione, non ci si impiega molto, soprattutto se poi, come noi, si evita di fare in giro con le loro barche che di tradizionale non hanno più nulla ma sono delle semplici tourist trap, pure molto trash.

La nostra visita al Titicaca si esaurisce con la visita alle isole di Uros.

A Puno prendiamo un bus pubblico per Cusco che si rivelerà estremamente confortevole, con larghi sedili che possono essere reclinati fino a quasi sdraiarsi.


Qosqo e la vecchia montagna

Il trasferimento a Cusco è abbastanza lungo, circa sette ore e mezza senza poter scendere o quasi dall'autobus, ormai siamo abituati.

L'hotel Posada Villa Mayor (clicca) dove passeremo ben cinque notti è molto carino e ovviamente vicino a..... bravi: Plaza de Armas. È nei giorni a Cusco che si concentra la maggiorparte delle bellezze del viaggio: Machu Picchu e la Rainbow Mountain sono le due escrusioni che probabilmente, da sole, valgono il viaggio in Perù.

Cusco, nella lingua del periodo inca Qosqo (pronuncia: cosco), è considerata la capitale storica del Perù, fu anche capitale dell'impero inca; è situata a 3400mt s.l.m. e a mio avviso è la città più bella tra quelle viste nel viaggio.

Si pensa che la città fu fondata dall'antico governante Pachacútec e in seguito da suo figlio Túpac Yupanqui nel 1438 d.C.

La città divenne subito centro religioso e poi la più importante città delle Ande. La sua forma antica prende le sembianze del Puma, animale simbolo della civita inca, così come il condor e il serpente; i tre animali formano la "trilogia inca". Dove il condor rappresenta il regno dei cieli, la casa del Dio Sole; il puma rappresenta noi e la terra su cui viviamo; mentre il serpente rappresenta il regno dei morti.

Il primo giorno a Cusco visitiamo le 4 rovine: la fortezza di Sacsayhuamán, la fortezza rossa di Puka Pukara, la fonte sacra di Tambomachay e Q'enqo che era luogo di culto.

Il tour dura una mezza giornata e vale la pena farlo con una guida che spiega il significato e l'origine di questi luoghi e l'ingegneria costruttiva inca che era semplicemente incredibile. Trasportavano e cesellavano pietre dalle dimensioni pazzesche, le incastravano tra di loro con tecniche antisismiche all'avanguardia e con una precisione che farebbe invidia ad un laser moderno.

sacsayhuaman

Il resto della giornata lo passiamo nel bellissimo quartiere di San Blas e Plaza de Armas dove visitiamo la chiesa e successivamente anche la cattedrale.

Il giorno sucessivo lo dedichiamo ad alcune rovine della valle sagrada: le terrazze di Chinchero, le rovine di Moray e le Salineras di Maras. Tutti e tre i posti meritano una visita anche se sicuramente Moray e le saline di Moras meritano una menzione particolare.

Il significato delle rovine di Moray è ancora sconosciuto, ci sono tre teorie principali che tentano di spiegare la zona archeologica. La prima teoria vuole che Moray fosse una sorta di terrazza coltivata ed effettivamente alcuni ritrovamenti di semenze potrebbero confermarla, c'è inoltre un curioso canale che solca tutto il sito che sembrerebbe essere stato utilizzato come canale di irrigazione. Una seconda teoria lo indica come sito di culto, fatto ad imbuto per concentrare l'energia della terra e il calore nel centro. Effettivamente la parte centrale è più in basso e notevolmente più calda delle zone periferiche. Un'ultima teoria afferma che si trattasse di un luogo di incontro per civiltà extraterresti e che la forma dell'intero sito archeologico sia quella del volto di un alieno. Come diceva sempre la nostra simpatica guida León: "Tutto è possibile, nulla è dimostrabile".

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A Maras, invece, visitiamo le saline. Altro spettacolo notevole vista la posizione e la dimensione di queste saline. La loro origine è addirittura pre-inca e le vasche raccolgono acqua che arriva da delle sorgenti calde. Il sale che si ricava è particolarmente buono ed è ricercatissimo dai ristoranti gourmet di tutto il mondo.

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Concludiamo la giornata sul treno che porta da Ollantaytambo ad Aguas Calientes: punto di partenza per la meta regina del viaggio.

Il treno, dopo pochissimi chilometri lascia la zona deserta per addentrarsi nella valle del fiume Urubamba in piena giungla tropicale. È incredibile come nel giro di pochi minuti si sia passati dal monotono color senape dei monti andini privi di qualsivoglia tipo di vegetazione, al verde scuro tipico della zona amazzonica fatta di una vegetazione fittissima ed estremamente varia.

Ed è proprio in questa valle che inizia il sentiero inca, l'antico Inca Trail che porta fino alla cittadella di Machu Picchu. Il vecchio sentiero inca è meta di camminatori da tutto il mondo. L'escursione completa dura quattro giorni, costa circa 1000$ a persona e va prenotato almeno un anno prima visto che è a numero chiuso.

Il tragitto in treno dura circa due ore e il nostro albergo fortunatamente è molto vicino alla stazione.

Aguas Calientes è una cittadina che esiste solo perchè esiste Machu Picchu. Nonostante sia nata ad esclusivo uso e consumo dei turisti non è nemmeno brutta, è praticamente tutto "centro", ci sono ristoranti, alberghi e negozi in ogni anfratto possibile.

Ceniamo prestissimo visto che alle 3 del mattino siamo già in coda per prendere il primo autobus che partirà alle 5:30. Per dovere di cronaca però devo dire che i primi della fila sono persone che non sono nemmeno andate a dormire. La prima coppia di persone è sulla banchina degli autobus già dalle 23 della sera prima. La nostra guida però, in stile molto italiano, ha messo un suo amico in coda per tenerci i posti e noi siamo riusciti a scavalcare circa un centinaio di persone che erano già in coda prima di noi; tutto il mondo è paese.

La cittadella si può raggiungere sia in autobus che a piedi. Per quelli che vogliono farla a piedi dico solo che per arrivare in cima li aspetta un'ora e mezza di gradinata molto ripida. Ne vale la pena? Direi di no, noi siamo arrivati in cima in un lago di sudore, stanchi morti. Eravamo i primi della fila? Nemmeno a parlarne, per cui, dal mio punto di vista, non ne vale assolutamente la pena.

I cancelli per la cittadella aprono alle 6:00 puntuali e noi entriamo tra le prime cento persone; la maggiorparte di loro si reca di corsa alla casa del guardiano per la classica foto di rito. Questo fa si che noi, con la nostra guida, facciamo la prima parte della visita della cittadella praticamente da soli.

Inutile dire che le aspettative sono state abbondantemente superate e posso inserire Machu Picchu tra le 5 cose più belle che abbia visto in vita mia insieme a Petra in Giordania, Angkor Wat in Cambogia, le Piramidi in Egitto e, ovviamente, il nostro Colosseo, anche se devo dire che più che il Colosseo direi proprio tutta Roma.

La cittadella di Machu Picchu non solo è bella ma è incredibile la sua collocazione geografica. La gola sulla quale si affaccia è spettacolare e le costruzioni sono abbarbicate a cavallo di una strettissima valle situata tra due montagne: Huayna Picchu e Montaña Machu Picchu.

La prima montagna, quella più suggestiva, è sicuramente il picco di Huayna Picchu che è quello che si vede dal 99,99% delle foto della zona archeologica.

machupicchu

La visita a Machu Picchu può essere abbinata a due trekk. Il primo, ambitissimo e con un numero chiuso di 400 persone al giorno divise in due turni da 200, è quello appunto a Huayna Picchu. Più che un trekk direi una vera e propria scalata sulle rovine che arrivano fino alla vetta della montagna. Alcuni tratti del cammino sono su scalinate molto esposte. Purtroppo, per il giorno in cui avremmo fatto la visita alla cittadella, i posti per Huayna Picchu erano già tutti esauriti. Si può però fare un altro trekk, sempre a numero chiuso ma con molti pù posti disponibili. Il trekk porta a Montaña Machu Picchu, un sentiero sempre fatto di un'infinità di gradini che porta alla cima che sta alle spalle della foto precedente. Il trekk è faticoso soprattutto perchè tutto a gradini, meno esposto rispeto a Huayna ma più lungo.

Dopo la giornata a Machu Picchu alcuni sono andati alle terme di Aguas Calientes, nulla di che, solamente molto affollate.

Il giorno del rientro a Cusco abbiamo visitato la parte rimanente della Valle Sagrada: le rovine di Ollantaytambo e il mercato della cittadina di Pisac.

Le rovine di Ollantaytambo sono quello che rimane di un tempio dedicato al Dio Sole. Del tempio sono rimaste pochissime pietre perimetrali poste su una fortezza terrazzata.

Il mercato di Pisac è invece il mercato più bello che ho visto in due settimane di Perù, si distingue dagli altri oltre che per le dimensioni anche per la ricchezza dell'artigianato locale dedito alla lavorazione dell'argento.

Il viaggio sta volgendo al termine ma c'è ancora una cosa da vedere nelle vicinanze di Cusco, qualcosa che secondo me merita un capitolo a parte.


Montaña de siete colores

L'escursione alla Rainbow Mountain è il secondo grande motivo del mio viaggio in Perù.

Ammetto di non averne mai sentito parlare prima dell'inverno 2015 fin quando il National Geographic non inserì la montagna colorata nella lista dei 100 luoghi da visitare prima di morire. Vedendo le foto credevo fossero frutto di fotomontaggi; non potevo credere che potesse esistere una formazione geologica tanto singolare, rocce dai colori così vivi da sembrare dipinti. Poi ho visto un video su youtube e da quel monto mi sono detto che al più presto sarei dovuto andare a vedere coi miei occhi.

È stata una delle prime cose che ho proposto al gruppo in fase di organizzazione del viaggio e fortunatamente ho avuto feedback solo positivi.

Una cosa sola mi spaventava: la quota a cui si trova questa montagna.

Informandomi bene su internet ho visto che il trekk parte da una quota di 4300mt e arriva al punto in cui si vede la schiena colorata della montagna a circa 5200mt. Sono davvero tanti, non mi ero mai spinto prima sopra i 3300 però allo stesso tempo il viaggio è stato organizzato per salire in quota gradatamente in modo da potersi ben acclimatare.

Di per se il costo del trekk non è molto elvato; si tratta di 50 dollari americani a testa per un'escursione "all inclusive".

Un pullmino ci preleva alle 4:30 del mattino e dopo circa 120km di strada ci troviamo al piccolo paese di Pitumarca dove facciamo colazione. Il paesetto è all'inizio della valle che ci porterà poi all'attacco del trekk. La mattina è molto freddo e così sarà anche in vetta. Gli ultimi chilometri fatti col bus sono molto belli, la valle si apre, il sole comincia a scaldare e la carreggiata è molto stretta; guardare fuori dal finestrino e non vedere nemmeno un millimetro di carreggiata che ci separa da un precipizio di 500 metri ci fa sudare freddo.

Arriviamo alla base del trekk che non sono circa le 8:30 del mattino, arriviamo forse tardi perchè c'è già un sacco di gente e i cavalli per la salita sono tutti già presi. Mi maledico per aver portato lo zaino fotografico con tutto dentro ma tant'é, ormai ci sono, iniziamo a salire.

La salita di per se non è tostissima, parte molto graduale, poco più di una passeggiata, poi in alcuni punti diventa più ripida. Nulla di che se non fosse che l'altitudine si fa sentire, ogni passo costa il doppio della fatica rispetto al normale. Fortunatamente, tre chilometri più avanti, riesco a trovare un cavallo su cui salirà una ragazza del gruppo a cui lascerò lo zaino fotografico in modo da poter risalire salire gli ultimi due chilometri senza pesi sulle spalle. I cavalli non portano fino alla vetta, gli ultimi 600 metri da fare a piedi sono i più ripidi.

La valle si è aperta molto, tanto che è possibile vedere il non lontano ghiacciaio Ausangate, bellissimo, bianchissimo e maestoso coi suoi oltre 6300mt.

ausangate

Un passo alla volta arrivo al punto di osservazione del Cerro Colorado, finalmente la Rainbow Mountain si mostra in tutta la sua bellezza. Non sento nè il vento freddo che tira fortissimo, nè la stanchezza. Lo spettacolo toglie però quel poco fiato che mi è rimasto nei polmoni.

Non solo la schiena del monte Vinicunca è colorata, ma anche tutta la valle che si estende ad ovest.

rainbowmountain

Sicuramente è uno degli spettacoli della natura più belli che abbia mai visto. Anche la discesa è faticosa, non prendo il cavallo e mi devo scarrozzare i 12kg di attrezzatura fotografica che ho sulle spalle. Arrivo a valle che sono sfinito ma ne è valsa la pena.

2

Il percorso nella mappa non è completo, mi sono ricordato di attivare il gps circa un chilometro dopo la partenza.

Nel pacchetto dell'escursione sarebbe compreso anche il pranzo sempre al paese di Pitumarca, nessuno di noi ha fame e visto che ormai erano le tre del pomeriggio passate, abbiamo prefirito ritornare alla base.

L'ultimo giorno a Cusco è passato nel totale relax; alcuni sono andati a vedere il mercato di San Pedro, altri sono andati a vedere il museo.

L'ultima cena peruviana la consumiamo al ristorante Chicha (clicca) dello Chef Gaston Acurio, un ristorante "wanna be" stellato che riesce nel suo intento in alcuni piatti, tipo il carpaccio di alpaca, ma fallise miseramente in altri. Temo che per la stella dovrà aspettare ancora un bel po'.


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Il volo Cusco - Lima è alle 6:50 del mattino per cui alle 4:30 siamo in aeroporto.

Prendiamo la coincidenza per Madrid alle 11 del mattino circa ed attirriamo a Madrid alle 6:00 del mattino, ora di Madrid. Non c'è molto tempo per la coincidenza con Roma e quindi ci affrettiamo per arrivare al gate. In meno di un'ora metà del gruppo si imbarca, gli altri lo faranno meno di un'ora dopo per Malpensa.

Solo sul volo Madrid - Malpensa riesco a dormire e atterro che sono stravolto.

Saluto il gruppo e chiamo la navetta che mi riporta alla mia carretta, mi è mancata.

Salgo in macchina che sono circa le dieci del mattino ma mi devo fermare appena imboccata la A4, ho troppo sonno e visto che sui voli di ritorno non ho mangiato nulla, ho pure fame.

Non faccio benzina perchè voglio obbligarmi a fermarmi di nuovo; nessun problema, a Brescia est seconda sosta, mi tracanno una Red Bull (anche se a noi la Red Bull fa cagare) e riparto. Faccio benzina in A22 all'altezza di Rovereto.

Gli ultimi chilometri li faccio a velocità luce, sarà una vecchia carretta ma fa ancora il suo.

Non mi sembra vero di essere arrivato, la Red Bull, per quanto faccia cagare, fa il suo dovere. Disfo gli zaini, butto la roba in lavatrice e faccio pure un paio di lavaggi a mano delle cose più delicate.

Scarico foto e video nel Nas e poi esco con il mio amico Steno a mangiare una pizza, voglio superare il Jet Lag e per farlo devo tirare il più possibile.

Mi butto a letto che sono le dieci passate, sveglia alle 6:30, doccia e sono di nuovo al mio posto di lavoro ma nella testa ho i colori e gli odori del Perù; soprattutto ho un ricordo bellissimo di un viaggio fantastico e di un gruppo splendido.

Sono già pronto a ripartire ed ho più che una mezza idea in testa....

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